Suonando al pianoforte il finale di Norma, Richard Wagner, commosso, avrebbe amaramente ammesso di non essere in grado di eguagliarlo. Trarrà, comunque ispirazione dalla melodia infinita (unendliche Melodie) belliniana dopo essersi, nel 1837, in un’aria alternativa per Oroveso, dal risultato invero alquanto goffo. Non era il suo mondo, e il mondo di Bellini qui (1831) si esprime in una sintesi mirabile fra nobiltà classica e sensibilità romantica, sia nel declamato tragico, sia nell’abbandono melodico mai fine a sé stesso, sia nell’irruenza bellicosa e appassionata della coloratura, delle marce, del crescendo. Alla base c’è il mito di Medea, con la donna tradita che medita di uccidere i figli, ma attraverso un dramma del francese Soumet, che sposta l’azione nelle Gallie occupate dai Romani e mette in primo piano il contrasto politico e il sentimento materno, la coscienza che infine prevale sul furore in quel finale sublime che vedrà Norma e il pentito Pollione ricongiunti sul rogo.
Cosa
Quando