Outwitting the Devil. La sfida di Akram Khan

Il 21 gennaio al Teatro Municipale Valli

18 gennaio 2022

Sfidare le convenzioni della cultura patriarcale attraverso il linguaggio potente e pervasivo della danza. È quello che fa il coreografo Akram Khan in Outwitting the Devil, letteralmente “ingannare il diavolo”. Lo spettacolo, nell’inconfondibile stile intimo ed epico di Khan, racconta in un buio carico di emotività la storia di chi eravamo un tempo e chi potremmo diventare di nuovo. Outwitting the Devil, di cui vi abbiamo parlato diffusamente nella puntata di Dance Land | gennaio, si vedrà al Teatro Municipale Valli, nella Stagione de I Teatri di Reggio Emilia, il 21 gennaio alle 20.30.

Del pluripremiato coreografo londinese, tra i più noti sulla scena della danza internazionale (tra i momenti più celebri della sua carriera ricordiamo la creazione di una sezione della Cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Londra del 2012), in Emilia-Romagna abbiamo già potuto applaudire creazioni indimenticabili come Bahok, TMOi e Kaash, mentre il 29 aprile 2020, nel pieno della prima ondata pandemica, Chotto Desh, creazione indirizzata espressamente a un pubblico di ragazze e ragazzi basata su DESH, celebre assolo autobiografico del 2011 di Khan, ha inaugurato il palinsesto del nostro cartellone online #laculturanonsiferma.

Per Outwitting the Devil l’artista continua a confrontarsi con grandi temi e miti universali, ispirandosi stavolta a un frammento delle dodici tavolette d’argilla che insieme formano uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale, l’antico ciclo epico di origine sumera, L’Epopea di Gilgamesh. Lo spettacolo inizia attorno ad un tavolo, con un’immagine di The First Supper, opera dell’artista australiana Susan Dorothea White, realizzata in risposta all’iconico dipinto di Leonardo da Vinci con una serie di donne di diverse culture riunite attorno al celebre tavolo. Le scene, curate da Tom Scutt, prevedono una grande scatola composta da tanti parallelepipedi di varie misure. “Sono ora reliquie di un mondo vegetale distrutto dall’umanità, come accade nel poema sumerico dove la foresta di cedri viene abbattuta perché l’eroe raggiunga il proprio scopo. Ora invece sembrano un luogo di condivisione, quale può apparire la tavola di un banchetto. Ora le vestigia di una città distrutta dal tempo, fra le cui rovine si erge solo un sepolcro destinato a uccidere per sempre la speranza dell’agognata eternità” si legge nelle note.

In questa raffinata foresta di segni, animata dalla danza di Mythili Prakash / Pallavi Anand, Luke Jessop, Jasper Narvaez, Louis T. Partridge, Elpida Skourou, François Testory, quel che è certo è che le creazioni di Khan non rinunciano mai a portare in scena una dirompente emotività. Merito delle sue visioni e della sua concezione di opera d’arte totale che negli anni ha attirato l’attenzione e l’interesse di artisti e artiste di mondi totalmente differenti, non solo provenienti dalla danza: dall’attrice Juliette Binoche, alla pop-star Kylie Minogue, ma anche artisti visivi come Anish Kapoor, scrittori come Hanif Kureishi e compositori come Steve Reich, Nitin Sawhney, Jocelyn Pook e Ben Frost.