The turn of the Screw di Britten nella regia di Fabio Condemi

Al Teatro Ariosto di Reggio Emilia il 19 e 21 maggio

19 maggio 2023

Sarà un viaggio negli abissi dell’uomo e del male che parla al presente, il nuovo allestimento di The turn of the Screw di Benjamin Britten, in scena in prima assoluta il 19 maggio al Teatro Ariosto di Reggio Emilia (replica il 21). A firmarne  regia e ideazione di scene e costumi è infatti uno dei talenti emergenti della regia teatrale italiana ed europea, Fabio Condemi, protagonista nelle ultime stagioni di alcuni dei più prestigiosi cartelloni di prosa nazionali, come quello di ERT Fondazione per il quale ha firmato una regia del Caldéron di Pasolini. Assieme a lui a completare il tandem creativo Fabio Cherstich, che cura scene e drammaturgia dell’immagine, mentre Gianluca Sbicca è realizzatore dei costumi e Oscar Frosio è responsabile delle luci. La nuova produzione di Fondazione I Teatri Reggio Emilia vede sul podio Francesco Bossaglia che dirige l’Icarus Ensemble e un cast di interpreti che ha tra i suoi protagonisti Florian Panzieri, Chiara Trapani, Laura Zecchini, Liga Liedskalnina.

Com’è noto la ghost story al centro dell’opera, tratta da un racconto di Henry James, ruota attorno alla vita di due bambini orfani, Miles e la sorella Flora, affidati a un’istitutrice in una grande dimora di campagna. A poco a poco l’istitutrice, giovane e inesperta, scopre che i bimbi subiscono l’influenza di due spiriti, quello di Peter Quint, ex domestico della casa, e quello di Miss Jessel, l’istitutrice precedente. Ma secondo Condemi nell’opera di Britten c’è molto di più: “Credo che sia una profonda riflessione sui temi presenti nel racconto, un testo parallelo che dialoga, si avvicina e si distacca continuamente dall’originale in un confronto fecondo e attualissimo. Al centro della vicenda raccontata in Giro di vite (1897) c’è un’assenza, un centro vuoto (questa la bellissima definizione di Pietro Citati) attorno al quale gravitano (come il falco della poesia di Yeats citata nel libretto dell’opera) i personaggi con i loro timori, le loro speranze, i loro sogni. La disputa sulla realtà\irrealtà degli spettri (che tanto divide gli esegeti Jamesiani) diventa secondaria in quest’ottica. La vera questione è interrogarsi su questo vuoto, su quest’assenza, che trascina tutti i personaggi in una spirale discendente e inarrestabile. James (e Britten) utilizzano una cornice narrativa per organizzare il loro racconto. questa cornice innesca un meccanismo narrativo  interessantissimo è il punto di partenza della nostra lettura dell’opera”.”Con la finezza della scrittura per le voci – gli fa eco Bossaglia – Britten descrive un preciso ritratto psicologico dei personaggi e delle loro relazioni; uno degli aspetti più affascinanti del lavoro di un direttore d’orchestra o di un cantante è proprio quello di andare a ricostruire la vera e propria regia che l’autore ci suggerisce attraverso ogni piccolo segno della partitura”.

Per identificare questo vuoto e questa spirale discendente, Fabio Cherstich ha ideato quindi uno spazio essenzialmente installativo: “un dispositivo scenico fatto di scatole cinesi, piccoli set dal gusto cinematografico e una grande teca montata su binario – un diorama che ospita le scene principali dell’opera e dove esterno ed interno confluiscono e si confondono: una macchina visiva concepita per condurre gli spettatori in questo viaggio negli abissi dell’uomo – e del male, che è l’opera di Britten nella nostra rilettura” spiega lo scenografo.