Un Don Giovanni nato da un sogno. L’allestimento di Martone al Regio

Dal 12 al 21 gennaio a Parma

05 gennaio 2023

Un allestimento nato da un sogno. Così Mario Martone racconta il suo Don Giovanni, messo in scena per la prima volta nel 2002 e ripreso da Raffaele Di Florio. In questo fortunato allestimento prodotto dal San Carlo di Napoli, in coproduzione con As.Li.Co. e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, l’opera in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart, su libretto di Lorenzo Da Ponte, torna al Teatro Regio di Parma per la sesta volta dopo ventinove anni, con Corrado Ravaris a dirigere l’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma (maestro Martino Faggiani). Come da tradizione il sipario si apre sulla lirica a gennaio in corrispondenza di Sant’Ilario, patrono della Città. L’appuntamento è quindi per il 12 gennaio (recite il 15,19 e 21), nell’ambito di WintER Festival, anticipato il 7 gennaio da un approfondimento sull’opera di Giuseppe Martini, che nelle sue note critiche osserva come tutta l’opera ruoti intorno alla figura del protagonista, “personaggio antisociale capace di scatenare un tumulto di passioni nell’umanità fragile e reale con cui viene a contatto”.

Don Giovanni è la seconda opera che compone la trilogia Mozart/Da Ponte, dopo Le nozze di Figaro e prima di Così fan tutte. Composta tra marzo e ottobre 1787, su commissione dell’imperatore Giuseppe II, l’opera debuttò a Praga il 29 ottobre 1787, senza riscuotere un immediato successo. Successo che sarebbe ampiamente arrivato dopo. “Simbolo di un desiderio di infinito che lo pone in costante relazione con l’Assoluto, Don Giovanni è divenuto un personaggio mitico che ha dato origine a un’imponente letteratura su cui molto si potrebbe dire – scrive infatti il direttore Corrado Rovaris. –  Ciò che forse più colpisce dell’opera mozartiana è la sua ambiguità di fondo, la pluralità dei registri stilistici, il fatto che un’opera buffa sconfini nel tragico, o meglio che buffo e tragico coesistano, divenendo l’uno lo specchio dell’altro”.

Al centro della scena, disegnata da Sergio Tramonti (autore anche dei costumi, mentre le luci sono di Pasquale Mari e le coreografie di Anna Redi) campeggia una tribuna. “Ho avuto la visione della tribuna di questo Don Giovanni in una notte insonne – racconta Mario Martone – Un’apparizione improvvisa, generata da chissà quale gorgo psichico, qualcosa tra il teatro elisabettiano, una arena spagnola, degli scranni di tribunale: tutti i personaggi dell’opera di Mozart e Da Ponte schierati insieme, in una sintesi sincronica dell’insieme vitale che lo slancio di Don Giovanni fende, conquista e offende, tutti, attori e spettatori allo stesso tempo. Nel sogno la tribuna progressivamente si svuotava, e venivano a galla la solitudine, l’apparizione del castigo e della morte, il crollo, e infine il senso di vuoto che avvolge l’ascoltatore nell’apparente lieto fine dell’opera. A quel sogno ho provato a restare fedele”.  Nei panni del protagonista c’è Vito Priante, per la prima volta al Teatro Regio; con lui Mariangela Sicilia (Donna Anna), Marco Ciaponi (Don Ottavio), Giacomo Prestia (Il Commendatore), Carmela Remigio (Donna Elvira), Riccardo Fassi (Leporello), Fabio Previati (Masetto), Enkeleda Kamani (Zerlina).