- Data di pubblicazione
- 29/01/2020
- Ultima modifica
- 29/01/2020
Macello. Il lato oscuro dell’umano secondo Babina
A Casalecchio di Reno dal 30 gennaio al 1°febbraio
Non è un reading di poesia, anche se il testo di partenza è la raccolta omonima del 2014 di Ivano Ferrari che Einaudi ha ristampato per l’occasione. Macello, che il regista, autore e attore bolognese Pietro Babina ha adattato per la scena con Jonny Costantino è piuttosto un concerto per voce sola, una voce violenta e carnale (quella dello stesso regista qui anche eccellente performer) che intona litanìe terribili, stagliandosi davanti a un fondale rosso su cui sfilano immagini materiche prodotte live, con mezzi analogici, da Giovanni Brunetto.
Lo spettacolo, che andrà in scena al Teatro Laura Betti di Casalecchio dal 30 gennaio al 1° febbraio alle 21 (dopo una personale che RavennaTeatro ha appena dedicato all’artista) è un tuffo nelle viscere oscure, nelle profondità più nere e concrete dell’umano, dove psiche e corpo si fondono nel segno di un immaginario terrificante. L’orrore raccontato è ispirato d’altronde a una pratica reale e attuale, ma stretta e sublimata nelle maglie di un linguaggio altamente poetico, perché la poesia attraversa anche, soprattutto, immaginari estremi. Ispirandosi agli anni trascorsi nel macello comunale di Mantova, Ivano Ferrari ha dato vita infatti a una scrittura straordinariamente lirica e priva di afflato documentaristico, capace di raccontare il magma ribollente e nascosto dentro l’animo umano, un sentimento nero la cui narrazione si estende (simbolicamente, ma neanche troppo) dalla pratica tutt’altro che segreta della macellazione animale, all’atteggiamento dell’uomo verso i suoi stessi simili.
“Leggendo Macello – ha spiegato infatti Babina – ho immediatamente ravvisato, non solo un’analogia nella produzione meccanica di morte, ma ancora più inquietante, la sensazione che questi luoghi, nel cuore delle nostre città, siano luoghi in cui si mantiene ardente, come brace sotto le ceneri, un’attitudine allo sterminio, che siano luoghi in cui il concetto di sterminio persiste come possibile normalità e che le nostre società sono organismi al cui interno pulsa anche questo: uno sterminio continuo al momento rivolto verso il diverso in quanto animale (cosa a mio parere non meno grave), e che potrebbe da un momento all’atro mutare il suo soggetto di riferimento”.