- Data di pubblicazione
- 12/11/2024
- Ultima modifica
- 12/11/2024
Antigone, il peso della fraternità. In scena lo spettacolo di Vacis e P(o)EM
Il 13 e 14 novembre al Teatro Ariosto di Reggio Emilia
È l’eroina dell’antichità per eccellenza, Antigone, la sorella che sfida il potere politico per assicurare al corpo del fratello Polinice la sepoltura che il re di Tebe ha vietato, mettendo coraggiosamente a rischio la sua vita. Vita che infatti perderà, dopo essere stata condannata dal re a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta. A questa figura mitologica Sofocle ha dedicato una delle sue più note tragedie, ma il nome di Antigone va molto oltre, attraversando praticamente tutti i tragici greci. Parte proprio da qui Gabriele Vacis, regista, drammaturgo, tra i padri fondatori del teatro di narrazione, per uno spettacolo intitolato Antigone e i suoi fratelli interpretato dalla Compagnia P(o)EM, che si vedrà il 13 e 14 novembre al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, in apertura della stagione di Prosa della Fondazione i Teatri.
Pur partendo dal testo di Sofocle, Vacis mette infatti in scena una fitta rete di rimandi alla storia di questo personaggio che attraversa tantissime opere, da Sette a Tebe di Eschilo per arrivare fino a Fenicie di Euripide, alla ricerca della “sostanza pesante della fraternità”. Lo spettacolo è appunto una riscrittura de Le Fenicie e dell’Antigone, ma a questi testi si aggiungono anche interventi originali delle attrici e attori di P(o)EM, compagnia nata nel 2021 da un gruppo di neodiplomati della Scuola per allieve attrici e allievi attori del Teatro Stabile di Torino, con Vacis e con lo scenografo e regista Roberto Tarasco.
“Antigone e i suoi fratelli” fa parte di una Trilogia della guerra realizzata proprio da attori e attrici della compagnia P(o)EM, i cui attori e le cui attrici il 14 novembre alle 17 saranno al teatro Ariosto per incontrare il pubblico. La trilogia consiste in una serie di lavori dedicati a testi teatrali antichi, di cui fanno parte anche “Prometeo” e “Sette a Tebe”, entrambi da Eschilo. L’obiettivo, dichiarato, è di sottolineare la forza ancora molto attuale di questi classici e la loro capacità di parlare al presente. “Ascoltateli bene, perché le questioni che pongono sono enormi – scrive Vacis –. Si interrogano sul senso delle cose, sul futuro come promessa o come minaccia e su come occupare il tempo che hanno a disposizione. […] molti di loro, non tutti ovviamente, hanno una mostruosa fame di senso. Fame di obiettivi che li costringono a divorare il mondo. Fame di rischio”.