Comicità, potere, violenza: Bros di Romeo Castellucci. Dal 2 al 4 dicembre a Reggio Emilia

Al Teatro Cavallerizza, nella stagione de I Teatri di Reggio Emilia

01 dicembre 2021

Il titolo, Bros, sta per brothers, fratelli. “Fratelli poliziotti”, si scoprirà nel corso dello spettacolo creato da Romeo Castellucci, tra i grandi protagonisti del teatro contemporaneo europeo, storico confondatore della Socìetas, attualmente Grand Invité di Triennale Milano per il quadriennio 2021-2024. Dopo Terzo Reich, che già si confrontava con la violenza dell’ordine imposto, nella sua ultima creazione, in scena dal 2 al 4 dicembre al Teatro Cavallerizza, nella stagione de I Teatri di Reggio Emilia, il regista cesenate indaga ancora una volta la natura violenta del potere. Colpito dalle forze dell’ordine dispiegate massicciamente durante le proteste dei gilet jaunes in Francia, Castellucci ha infatti realizzato un’opera che mette in scena decine di poliziotti, interpretati non da performer ma da non professionisti reclutati tramite call pubblica, ovvero Cristiano Tavassi, Erasmo Cirillo, Luca Boscolo, Dario Cavalieri, Filippo Arganini, Vincenzo Melidone, Alex Paniz, Stefano Allosia, Alessandro Pezzali, Andrea Francioni, Cherif Malik, Filippo Beltrami, Gioele Rossi, Walter Corsi, Gaetano Palermo, Alberto Bulgarelli, Gianpietro Lazzarin, Pierluigi Tedeschi, Giuliano Ciao, Federico Frattini, Luca Nava, Michele Petrosino. Proprio questi “uomini dalla strada” sono i protagonisti assoluti di una messa in scena nella quale, senza prove, sono chiamati a svolgere compiti, “ordini” impartiti con auricolare.

Nel lavoro prevale quindi l’azione, il rispondere il più rapidamente a un ordine mettendo da parte il pensiero e il giudizio su ciò che si è chiamati a fare. Di ciò che sono chiamati a fare sul palcoscenico gli interpreti sono infatti totalmente all’oscuro prima dell’inizio dello spettacolo. Viene loro consegnata una divisa, firmano una sorta di patto in cui si impegnano a fare esattamente quanto si chiede. Ciascun “poliziotto” riceve comandi individuali per via auricolare ai quali deve obbedire in tempo reale. Naturalmente proprio il margine di imprecisione che deriva da qualche incomprensione o fraintendimento rende interessante un progetto nel quale Castellucci, con attitudine antropologica, prova a indagare fino a che punto “una persona si spinge a obbedire, quali sono i suoi limiti. Ci saranno comandi tendenziosamente confusi per cogliere la reazione l’uno con l’altro”. Lo spettacolo diventa così una meditazione sulla legge, sulla violenza, e sul funzionamento della polizia come una specie di clan.

“Le uniformi da poliziotti americani evocano la comicità del cinema muto – si legge nelle note di regia – Quella precisa iconografia convoca la Legge che prepara e innesca il dispositivo del disastro. Il comico come hard-core della Legge. Le potenzialità comiche – che inevitabilmente qui si scatenano – curvano alfine verso una dimensione oscura e perturbante. Nella pièce la schematica determinazione dei comandi costringe a un serrato confronto con l’indeterminatezza del tempo di esecuzione che, scorrendo, reca con sé il caso e l’inesperienza; il tremore e la lotta per la fermezza. La comicità e la violenza, l’una il sembiante dell’altra”. Lo spettacolo diventa così opportunità di un profondo esame della responsabilità individuale e collettiva e del nostro rapporto con la legge.