Cultura e conflitti: il CCN / Aterballetto apre un confronto sul ruolo dell’arte 

27 novembre 2025

Una mattinata di studio e riflessione che punta lo sguardo sul rapporto tra cultura e conflitti in un tempo segnato da fratture geopolitiche e da un ordine internazionale sempre più fragile. A promuoverla è il Centro Coreografico Nazionale / Aterballetto, che col convegno Cultura e Conflitti (2 dicembre, ore 10–13, Oratorio San Filippo Neri, Bologna) nasce come tentativo di mettere a fuoco il ruolo degli operatori culturali in un contesto che cambia rapidamente, ridefinendo confini, alleanze e divieti. Il convegno, patrocinato dalla Regione Emilia-Romagna, prende le mosse da una domanda che Aterballetto ha sperimentato in prima persona quando, nella primavera 2026, decise di cancellare una tournée a Tel Aviv e di rinunciare a un invito a San Pietroburgo: come può la cultura muoversi responsabilmente davanti a scenari geopolitici in tensione? 

A condurre la mattinata saranno Domenico Barbuto, segretario generale AGIS, e Gigi Cristoforetti, direttore del CCN/Aterballetto. Nel testo di presentazione del convegno Cristoforetti pone una domanda chiara: “pare che, nel panorama attuale, nessuno sappia dire con certezza che ruolo debba avere la cultura nell’ambito dei conflitti che attraversiamo”. E aggiunge un’immagine che sintetizza il rischio del nostro tempo: “come se uno spettacolo potesse diventare un tank giocattolo, analogo a quelli veri”, oppure come se si potesse “ignorare ciò che succede di fronte alla propria porta”. L’obiettivo, spiega Cristoforetti, è “proteggere gli artisti dal rischio di pagare inutilmente uno scotto che non compete loro” e, allo stesso tempo, assumersi le responsabilità del proprio ruolo con consapevolezza.  

Ai due conduttori della giornata si affiancheranno i saluti istituzionali dell’assessora regionale alla Cultura Gessica Allegni e l’intervento introduttivo di Luca Vecchi, capo di gabinetto del Presidente della Regione Emilia-Romagna, che porterà il punto di vista delle istituzioni regionali, da tempo attive sul fronte della cooperazione e della diplomazia culturale. 

Il primo contributo sarà quello del politologo Andrea Carati, docente di Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano, che delineerà il quadro della crisi dell’ordine internazionale: un sistema nato nel dopoguerra e consolidato dopo la Guerra fredda, oggi attraversato da fratture, conflitti armati e dall’indebolimento del multilateralismo. La sua analisi chiarirà come queste trasformazioni globali abbiano ripercussioni dirette anche sul mondo dell’arte e della cultura, tradizionalmente luoghi autonomi e transnazionali, ora sempre più esposti a pressioni, dilemmi e condizionamenti.  Carati sottolinearà che arte e cultura possiedono risorse “extrapolitiche” che non possono essere cancellate dall’arena geopolitica, pur trovandosi oggi davanti a condizionamenti e scelte nuove.

A seguire, il curatore e divulgatore Nicolas Ballario affronterà il rapporto tra arte, guerra e propaganda. Il suo intervento esplorerà come le arti visive reagiscano – oppure vengano cooptate – nei contesti di conflitto, mostrando un territorio in cui la creazione artistica può farsi voce critica, strumento di resistenza, o, al contrario, veicolo di narrazioni imposte e semplificate. La prospettiva di Ballario, intrecciando formazione, comunicazione e storia dell’arte, offrirà una lettura delle fragilità contemporanee del sistema culturale. 

Il giornalista Giuliano Battiston, forte di anni di esperienza in Afghanistan, porterà invece testimonianze dal campo, mostrando come la cultura sia stata nel tempo un crocevia di potere politico, visioni religiose e tentativi di ricostruzione sociale. In quei territori, segnati da guerre prolungate, l’arte diventa insieme spazio di emancipazione, zona contesa e fragile possibilità di libertà.  Paolo Cantù, direttore della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, condividerà invece l’esperienza di una realtà culturale chiamata a costruire ponti internazionali, ospitare compagnie provenienti da paesi in conflitto e assumersi la responsabilità delle scelte artistiche in momenti di instabilità globale. Il suo contributo entrerà nel merito delle implicazioni amministrative, diplomatiche e progettuali che possono accompagnare ogni decisione. 

Dai Balcani arriverà poi lo sguardo di Aja Jung, artista e operatrice culturale che ha vissuto dall’interno le dinamiche postbelliche della regione. Il suo intervento analizzerà il ruolo delle arti performative nella ricostruzione dei legami sociali dopo i conflitti, evidenziando tanto la vulnerabilità quanto la forza di queste pratiche nel creare possibilità di dialogo.  Infine interverrà Elisabetta Riva, sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, con una riflessione sulla necessità di custodire spazi di pensiero non polarizzato in un mondo che tende a semplificare e incasellare ogni gesto artistico. Riva si concentrerà sulla responsabilità degli operatori culturali nel mantenere aperta la complessità, proteggendo artisti e istituzioni dalle pressioni ideologiche.