Jackie, luci e ombre del sogno americano

Il 10 marzo al Palazzo del Turismo di Riccione

10 marzo 2023

La first lady più iconica, più elegante, più colta, quella capace con la sua raffinatezza e il suo savoir faire di dar filo da torcere anche alla mitica Regina Elisabetta, ma anche una donna ricca di sfumature e di ombre. Personaggio complesso e controverso, Jacqueline Lee Kennedy Onassis, nata Bouvier, è stata e continua ad essere il simbolo di un’epoca. A lei, che nella memoria collettiva è semplicemente Jackie, Elfriede Jelinek, Premio Nobel 2004 per la letteratura, ha dedicato un intenso ritratto teatrale che ne indaga il profilo umano, sociale, culturale. Ne propone una interpretazione altrettanto intensa Romina Mondello (con la regia di Emilio Russo), in scena il 10 marzo alle 21, al Palazzo del Turismo, nell’ambito della Stagione di Riccione Teatro.

Scritto nel 2002, due anni prima di ricevere il Nobel, il testo teatrale di Jelinek rende Jackie protagonista di una narrazione nella quale la donna, prima moglie di John Kennedy e iconica first lady, poi vedova del presidente assassinato e infine moglie del ricchissimo armatore greco Aristotele Onassis, diventa testimone a tratti feroce di un’epoca dove il “sogno americano” di democrazia era governato dal potere di una famiglia che offuscava con il bianco splendente di sorrisi patinati, abiti e gioielli, figli biondi e felici, una trama fatta di segreti, malattie, sesso, alcol e droga e morte.

In questo ritratto Jackie resta in qualche modo intrappolata nel mito, in un eterno presente, un’altrove, che non è più la vita, dalla quale si è già congedata, ma nemmeno la morte. Nella sé della comunicazione di massa in qualche modo. E in quella che ha assistito all’omicidio del marito, un’immagine che ritorna in modo ossessivo nel suo racconto. Jackie dice che con quello sparo è finito tutto questo, anzi tutto è iniziato da quello sparo. Nell’unica didascalia Jelinek invita infatti a pensare al famoso tailleur rosa indossato a Dallas. L’altra ossessione che ricorre nel testo è quella dei suoi “troppi” abiti, della “troppa” carne di Marylin, del “troppo” sesso di Kennedy. “Il suo racconto – leggiamo nelle note – è in apparenza privo di morale e di giudizio, quasi leggero, ma in realtà si sente tutto il peso della sua vita, dei suoi morti, dei tradimenti, della sua stanchezza, del suo essere icona per le edicole dei giornali (cosa di cui non si ribella affatto)”.