- Data di pubblicazione
- 23/11/2020
- Ultima modifica
- 25/11/2020
Kashimashi a chi? Il Teatro Nucleo debutta con un lavoro sugli stereotipi del femminile. Il 25 novembre in streaming qui alle 19
Kashimashi è una parola giapponese che significa rumoroso, chiassoso. Caotico, insomma, come un gruppo di donne che quando si riunisce crea disordine e confusione, dentro una visione fortemente stereotipata del femminile. Quando tre donne si riuniscono si fa rumore, dice letteralmente la frase giapponese da cui è derivata la parola (Onna sannin yoreba kashimashii). Attorno a questo stereotipo e a molti altri che nei secoli hanno colonizzato l’immaginario e il pensiero sociale e politico legato alle donne è nato uno spettacolo del Teatro Nucleo, una nuova tappa sulla ricerca sui cliché del femminile condotta da Natasha Czertok e intitolata appunto Kashimashi.
Primo appuntamento de Le Magnifiche Utopie, stagione che si svilupperà nelle prossime settimane e mesi immaginando di volta in volta nuove forme di fruizione nel rispetto delle regole imposte per contrastare la pandemia da Covid-19, il lavoro della regista e attrice sarà trasmesso il 25 novembre alle 19 (nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne), in un adattamento video realizzato appositamente per l’occasione, sulle pagine Facebook di EmiliaRomagnaCreativa (@Cultura Emilia-Romagna) e del Teatro Nucleo, sul nostro portale Spettacolo/Emilia Romagna Creativa e su Lepida TV.
La ricerca di Natasha Czertok è cominciata durante il lockdown a partire dallo studio sulla storia, le politiche, le carriere femminili intrecciate con il suo vissuto di madre di due figlie. Alla sua domanda “in quale stereotipo ti riconosci?” hanno risposto persone diverse in molte forme: disegni, poesie, canzoni. Assieme al coreografo argentino Marcos Ariel Rossi della Compagnia Foramen Danza la regista ha lavorato a distanza sui materiali che le sono arrivati filtrandoli attraverso il movimento e incastonandoli dentro il paesaggio sonoro creato appositamente, e anche in questo caso a distanza, dal compositore Vincenzo Scorza.