#laculturanonsiferma. La fantastica avventura del Gorilla Quadrumano

Il video sull'indimenticabile esperienza teatrale guidata da Scabia. In onda il 12 maggio

10 maggio 2020

Quando nel 1972 cominciò a insegnare drammaturgia al Dams di Bologna, Giuliano Scabia era già riconosciuto in quanto autore di alcune delle più straordinarie esperienze artistiche italiane degli anni a cavallo tra i sessanta e i settanta. Aveva già lasciato lo spazio rassicurante delle sale per portare il teatro là dove serviva e dove potesse ritrovare il suo senso più profondo, attraverso azioni e progetti di decentramento teatrale, come fece a Torino durante e subito dopo l’autunno caldo. Aveva già cominciato a portare il “Teatro nello spazio degli scontri”, insomma, e sarebbe arrivato di lì a poco a ideare l’azione simbolo della rivoluzione messa in atto da Franco Basaglia all’ospedale psichiatrico di Trieste, dando vita al leggendario Marco Cavallo di cartapesta che nel 1973 guidò il corteo che portò i “matti” dell’ospedale fuori, verso la città.

L’incontro con il neonato Dams, allora uno degli ambienti culturali italiani più fertili e innovativi, non poteva che essere dirompente. Sotto la guida di Scabia, studentesse e studenti scoprivano che il teatro poteva essere uno strumento eccezionale per ricercare le radici più profonde della propria cultura. Lavorando sul rapporto tra teatro e informazione, cominciarono a uscire dalle aule universitarie e a riversarsi nello spazio pubblico di Bologna, provando a realizzare una pratica di teatro “a partecipazione” in forma organica all’università e all’ambiente circostante. Da queste premesse nel 1974 nacque quella straordinaria, irripetibile avventura teatrale che è stata il Gorilla quadrumano. Insieme a una ventina di studenti che avevano partecipato a un seminario sul “teatro di stalla” prese vita infatti un viaggio teatrale che avrebbe portato Scabia e i suoi studenti in giro per l’Italia, sulle tracce del Gorilla prima e del Brigante Musolino poi, fino allo scioglimento del gruppo fra il ‘75 e il ‘76: in tempo, ha detto lo stesso drammaturgo “per non diventare fossile di se stesso”.

Accanto a un bellissimo libro edito da Feltrinelli nel 1974, c’è un video realizzato da Andrea Landuzzi nel 1985 che ripercorre i momenti più significativi di questo viaggio e che rappresenta un prezioso documento per accostarsi a un’esperienza che ha fatto la storia del teatro, irraggiandosi in tutta Italia e all’estero a partire dalla nostra regione. Il 12 maggio alle 20.10 lo trasmetteremo su Lepida TV ed Emilia Romagna Creativa, in uno degli ultimi appuntamenti del nostro cartellone #laculturanonsiferma che il 13 maggio si conclude, dopo oltre due mesi di intensa programmazione.

Il racconto, guidato dalla voce dello stesso Giuliano Scabia, scaturisce da un montaggio di materiali video, quasi sempre amatoriali, assieme a foto e disegni creati durante le azioni che il gruppo ha svolto in Italia e all’estero. Pur essendo abbastanza grezzi, quei materiali danno un’idea di quanto fantastico sia stato quel peregrinare tra paesi di montagna e città così “pieno di comunicazioni date e ricevute”. L’avventura, racconta il regista all’inizio del documentario, comincia appunto a partire dal Gorilla quadrumano, testo scritto intorno al 1860 da un artigiano della provincia di Reggio Emilia, che fu portato da uno studente (Remo Melloni) che si sarebbe poi laureato proprio su questo testo ed altri, scritti da contadini che fino a una trentina d’anni prima ancora si recitavano d’inverno durante le veglie nelle stalle della bassa reggiana.

Nel video sfilano le immagini delle moltissime tappe della ricerca cominciata attorno a quel testo. A partire da alcuni momenti di quella leggendaria prima settimana di lavoro vissuta a Morro Reatino, nell’alto Lazio (dove uno degli studenti mette a disposizione una casa), quando finalmente i partecipanti possono sperimentare sul campo la messa in scena del testo a cui avevano lavorato a Bologna e costruire il pupazzo gigante del Gorilla che poi li avrebbe accompagnati nel loro viaggio nel reggiano e altrove. “Quel viaggio – racconta su Doppiozero il critico teatrale Massimo Marino, tra i primi allievi di Scabia – durò due anni, al suono della grancassa e del flauto, con stendardi, manifesti disegnati dai bambini delle scuole in cui andavamo a annunciare l’arrivo del Gorilla, incontri, spettacoli in ogni luogo, perfino davanti al futuro presidente della Repubblica Francese François Mitterand al festival di Nancy, sempre sotto l’ala dei nostri totem giganti, proiezioni dell’immaginario che sfidavano il grigio uniforme dei quartieri industriali e la bellezza abbandonata della campagna, le zolle dove fu catturato il brigante Musolino a Acqualagna, nelle Marche, e il manicomio criminale dove fu rinchiuso, a Reggio Calabria, nel settembre del 1974 in basagliana trasformazione”.

Nel racconto scorrono infatti strade, paesi, pianure e città attraversati con violini, flauti e bandiere dagli studenti che hanno portato la commedia del Gorilla (e poi di Musolino) in moltissimi posti diversi, tra le piazze e di casa in casa, adeguandosi a spazi, oggetti, pubblici. Un modo per incontrare il mondo e la gente, per raccontare e farsi raccontare storie vere e storie inventate, per “inventare insieme le storie vere di oggi e di domani”. Il video, che si chiude con immagini aggiunte di recente che si riferiscono a una mostra organizzata nel 2018 a Stellata, in provincia di Ferrara, sul lavoro svolto dal gruppo nel 1975 proprio in quel piccolo paese sul Po, finisce per documentare non solo un’esperienza, ma un momento storico particolare in cui si andava diffondendo l’idea di teatro come domanda aperta, come processo, come ricerca di rapporti nuovi e diversi e di una cultura che vive e si rigenera fuori dai grandi apparati.

“Il gesto del Gorilla – scrive ancora Marino – si situò in quel movimento, con una grazia poetica peculiare, che consisteva nel privilegiare all’esibizione l’ascolto, delle persone incontrate, di luoghi e condizioni diverse, per interrogare a fondo noi stessi che facevamo le domande, per provare a diventare re e regine saggi (o gorilla) da principini pasticcioni (o studenti chiusi nelle gabbie dell’astrazione) che eravamo (come raccontava la favola), con un pensiero al Gorilla che, invece di rimanere a corte come potente consigliere del giovane Ferdinandino divenuto sovrano, preferisce tornare nel bosco, a governare le fiere. Attenzione al bosco esterno, alle sue mille specie, e a quello interiore, che si correva il rischio di dimenticare ogni giorno tra impegni universitari, assemblee politiche, progetti per cambiare il mondo”.