- Data di pubblicazione
- 18/04/2020
- Ultima modifica
- 18/04/2020
#laculturanonsiferma. Le Orchidee di Delbono
La terza puntata dello Speciale il 18 aprile alle 20.25
Dopo un canto d’amore intonato in uno spazio bianco e un’opera danzata in una stanza grigia per esorcizzare i naufragi sociali e personali del presente, tocca ai vividi colori di Orchidee abitare il palcoscenico virtuale di Lepida Tv e del portale Emilia Romagna Creativa, nella terza puntata dello Speciale dedicato a Pippo Delbono. Il ciclo, proposto nel cartellone della Regione #laculturanonsiferma in collaborazione con ERT Fondazione, comprende quattro delle opere maggiori del regista.
Sabato 18 aprile alle 20.25 è dunque la volta di uno spettacolo profondamente poetico presentato per la prima volta al Festival Vie nel maggio del 2013, che racconta lo straziante distacco dell’autore dalla madre. “Orchidee – spiega il regista – nasce da un grande vuoto che mi ha lasciato mia madre quando è partita per sempre. Mia madre che dopo i conflitti, le separazioni, avevo rincontrato per ridiventare amici. Io, un po’ più grande un po’ più saggio, lei vecchia ritornata un po’ più bambina. E così il vuoto. Il sentirsi non più figlio di nessuno. Il vuoto dell’amore. Ma Orchidee nasce anche da tanti vuoti, da tanti abbandoni”.
I lutti e gli addii, d’altronde, fanno da sempre parte delle creazioni di Delbono: le sue opere raccontano proprio del bisogno vitale di riempire quei vuoti, del bisogno di proseguire nella ricerca della verità, dell’autenticità che spazza via la menzogna verso sé stessi e gli altri che ci si appiccica addosso come donne e uomini, anche contro ogni volontà. È questa la bellezza, secondo questo poeta della scena, una verità nascosta dietro mille veli. L’idea di ispirarsi alle orchidee nasce appunto da qui, perché si tratta, spiega ancora il regista “del fiore più bello ma anche il più malvagio, perché non riconosci quello che è vero da quello che è finto. Come questo nostro tempo”. Un tempo confuso, ferito dalla sensazione di aver perduto irrimediabilmente qualcosa: “Forse la fede politica, rivoluzionaria, umana, spirituale”.
Nonostante tutto qualcosa rimane: è ancora possibile parlare, scrivere d’amore. E di questo sentimento, di questa battaglia per il senso parla Orchidee nell’impasto di linguaggi tipico della scrittura teatrale di Delbono che mescola musica, immagini e parole. Il viaggio stavolta si compie appieno tra cinema e teatro. Sullo sfondo sono proiettate carrellate infinite di immagini riprese altrove che vanno da interviste agli omofobi francesi, al letto d’ospedale dov’è morta l’amata madre fino agli immancabili rami d’orchidee oscillanti. A comporre i poetici, immaginifici quadri viventi che sfilano sulla scena sotto le luci disegnate da Robert John Resteghini, invece, la varia, magnifica umanità composta dagli attori della sua compagnia, ovvero Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella.
Le parole, rielaborazioni di Delbono da testi di Shakespeare, Cechov, Büchner, Kerouac, Weiss, Mistral, Deep Purple e Leopold Sedar Senghor si intrecciano alle musiche di Enzo Avitabile e di Deep Purple, Miles Davis, Philip Glass, Victor Démé, Joan Baez, Nino Rota, Angélique Ionatos, Wim Merten e Pietro Mascagni.