- Data di pubblicazione
- 29/07/2025
- Ultima modifica
- 29/07/2025
L’estate con archiviozeta. Al Futa Pass è di scena Kafka
Nel corso degli anni è diventato uno degli appuntamenti culturali più attesi dell’estate. Un rito civile e teatrale che porta spettatrici e spettatori ad attraversare un luogo di memoria particolare, il Cimitero Militare Germanico al passo della Futa, nel paesaggio superbo dell’Appennino tosco-emiliano, accompagnati da un gruppo di artisti che in questa particolare “scenografia di senso” ambientano da oltre vent’anni spettacoli tratti da grandi testi classici, dell’antichità ma anche della modernità. Dopo quattro anni dedicati a Thomas Mann e alla sua Montagna incantata, la compagnia Archiviozeta torna ora al Futa Pass con il primo atto – il “primo dibattimento”, dicono i registi e drammaturghi Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni – di un nuovo progetto interamente dedicato a un altro grande romanzo, Il processo di Kafka. Dal 1° al 17 agosto alle ore 18, nel più grande sacrario tedesco della seconda guerra mondiale, un’enorme opera architettonica a mille metri di altitudine, andrà infatti in scena Istruire il processo, ispirato appunto al testo kafkiano: un’occasione unica per attraversare l’opera dell’autore boemo alla luce della violenza e delle tragedie della storia e di quelle in atto.
“Il fatto che i due romanzi siano stati pubblicati a un anno di distanza (1924 e 1925), che Kafka abbia iniziato a scrivere Il processo proprio mentre stava scoppiando la Grande Guerra (1914) e mentre Hans Castorp (il protagonista della Montagna) si avviava, cantando Schubert, alle trincee e che Kafka a sua volta sia stato ospite dei sanatori a causa della sua tubercolosi alla laringe e che proprio quella stessa malattia lo abbia portato alla morte il 3 giugno 1924 nel sanatorio di Kierling, nei pressi di Vienna, ebbene tutti questi intrecci ci hanno attratto, sembrano quasi grovigli obbligati di realtà e letteratura” spiegano i registi, anche in scena come interpreti assieme Mattia Bartoletti Stella, Diana Dardi, Pouria Jashn Tirgan, Giuseppe Losacco e Andrea Maffetti.
“E poi la questione ebraica, così atrocemente all’ordine del giorno: tentare di riflettere a partire da quel mondo anteriore, scomparso, ma le cui polveri continuano a minare e contaminare il nostro presente, farlo attraverso la scrittura di Kafka tra caduti nazisti, farlo da imputati in un processo immaginario a quello che siamo diventati: umanità indifferente e burocratica perfettamente inserita nella peggiore prefigurazione totalitaria internazionale… insomma come già accaduto più volte, anche nel corso degli incubi del’900, Kafka è sempre avanti, sprigiona molta energia e continua a tessere quella rete (di nessi, di nodi, di intelligenza artificiale, di guerre perpetue) in cui siamo intrappolati e che ormai è kafkiana per definizione”.
Come sempre avviene nel lavoro di archiviozeta lo spazio attraversato dalla scena – un cimitero che non è un cimitero qualsiasi, ma è quello dei cosiddetti “nemici” – non solo non è neutrale ma invita a una riflessione ancora più precisa sul rapporto tra passato e presente. “Passeggiando tra le lapidi ci chiediamo se quei ragazzi caduti per una causa sbagliata l’abbiano letta La montagna o Il processo? oppure li avranno bruciati nei roghi quei libri? e noi a che punto siamo del procedimento? Ecco continuare a riflettere sulla colpa, sul principio responsabilità, sulla vergogna, sulla giustizia, sul libero arbitrio, sul potere, insistere su questi temi, dopo aver lavorato su Dostoevskij e Mann, ci interessa soprattutto oggi”.
A cento anni di distanza andranno quindi in scena gli atti di un “primo dibattimento” in cui le parole e i gesti faranno sprofondare il pubblico, insieme al funzionario di banca Josef K., nel cupo gorgo di un implacabile procedimento penale senza via d’uscita. In scena sette corpi, come in una deposizione, danno vita ad una perlustrazione di un profetico organismo letterario, attraverso una drammaturgia che trae ispirazione anche dai diari, dai disegni, dalle lettere di Kafka a Felice Bauer, dai testamenti originali lasciati a Max Brod.
La produzione dello spettacolo è di archiviozeta, con il contributo di Regione Emilia-Romagna e MIC Direzione generale spettacolo.
Prenotazione obbligatoria qui.