- Data di pubblicazione
- 28/05/2025
- Ultima modifica
- 28/05/2025
“I mangiatori di patate”. Nel buio del Lazzaretto, la catastrofe secondo Castellucci
La produzione Societas alla Biennale di Venezia, dal 31 maggio al 15 giugno
Un grappolo di figure emerge dal buio, compatte come ombre scavate nel carbone. I loro corpi ricordano i minatori del Borinage o i contadini di Van Gogh. In un’atmosfera sonora fatta di fragori, ronzii, pulsazioni, prendono forma nel Lazzaretto Vecchio, nell’isola protetta al centro della laguna veneziana. È qui, tra le pareti in penombra, che Romeo Castellucci torna a confrontarsi con la catastrofe e il linguaggio, nel nuovo lavoro I Mangiatori di patate, presentato in prima assoluta sabato 31 maggio alla Biennale di Venezia, su invito del nuovo direttore della sezione Teatro Willem Dafoe.
Il titolo richiama direttamente il celebre dipinto di Vincent Van Gogh, e come nell’opera pittorica anche in scena si avverte una densità materica, una sospensione arcaica. Le figure sono colte in un’azione rituale e perturbante, che avanza come eco di eventi già accaduti o temuti. Nello spazio scenico, Castellucci costruisce un’esperienza percettiva radicale, che si fa “esperienza della catastrofe”, in cui “caduta o emersione dal pozzo dell’abisso coincidono”. Ed è proprio lì, in quella soglia tra collasso e rivelazione, che avviene ciò che il regista definisce “la scoperta prodigiosa: la perla opaca del linguaggio”.
I Mangiatori di patate è un lavoro corale che coinvolge anche la musica e le voci di Scott Gibbons e Oliver Gibbons, con la drammaturgia di Piersandra Di Matteo. In scena, Luca Nava, Sergio Scarlatella, Laura Pante, Vito Ancona, Jacopo Franceschet, Marco Gagliardi, Vittorio Tommasi e Michela Valerio. La performance – della durata di circa 50 minuti – sarà replicata quotidianamente (tranne il lunedì) fino al 15 giugno, con doppio orario alle 15 e alle 17, nella suggestiva cornice dell’Isola del Lazzaretto Vecchio, sito protetto FAI. La produzione è firmata Societas, con la coproduzione della Biennale di Venezia.
La relazione tra Romeo Castellucci e Willem Dafoe risale al 2016, quando l’attore statunitense fu protagonista del suo spettacolo The Minister’s Black Veil – opera la cui ripresa è prevista per il prossimo anno. Per il suo primo anno alla guida del settore Teatro della Biennale, Dafoe ha scelto di riaffidare a Castellucci un nuovo progetto, riconoscendo in lui una delle figure centrali del teatro contemporaneo europeo. Romeo Castellucci è noto infatti a livello internazionale per aver fondato un teatro che integra la totalità delle arti – musica, architettura, luce, gesto, voce – in una percezione unitaria dell’opera. Le sue creazioni, ospitate in oltre sessanta Paesi, hanno radicalmente ridefinito il rapporto tra scena e spettatore, ridefinendo il concetto stesso di drammaturgia visiva. Le sue opere, complesse e stratificate, ribaltano la centralità del testo e propongono una forma teatrale immersiva e autonoma rispetto alla narrazione.