Mère Ubu impresaria di Teatro Carcere”. Pastiche patafisico diretto da Paolo Billi
Il Teatro del Pratello è all’Arena del Sole di Bologna dal 6 al 10 gennaio
Dal 6 al 10 gennaio – alle 20:00 sabato, alle 16:30 domenica e alle 20:30 da lunedì a mercoledì – nella Sala Thierry Salmon dell’Arena del Sole di Bologna va in scena, in prima nazionale, la nuova produzione del Teatro del Pratello, società cooperativa sociale che cura progetti teatrali e culturali con detenuti della Casa Circondariale di Bologna.
Intitolato “Mère Ubu impresaria di Teatro Carcere”, diretto da Paolo Billi e realizzato con la collaborazione del Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna, lo spettacolo si ispira liberamente a “L’impresario delle Smirne” di Carlo Goldoni e conclude la trilogia dedicata a Mère Ubu, personaggio femminile della celebre opera del drammaturgo francese Alfred Jarry, l’inventore della corrente artistica definita “patafisica”, ovvero “la scienza delle soluzioni immaginarie”.
L’intera trilogia, e quindi anche questo terzo spettacolo, è stata realizzata con gli attori della Compagnia del Pratello, ragazzi in carico ai Servizi di giustizia minorile, provenienti da comunità educative del territorio regionale, e attori di Botteghe Moliére: Maddalena Pasini, Susanna Accornero, Giulia Scarselli, Viviana Venga, Annalisa Ntzufras, Lilia Papperini, Claudio Bocchi e Giuseppe Evangelisti.
Mère Ubu è un pastiche patafisico e grottesco, una fusione dell’assurdo, dell’ironia e del nonsenso che mette alla berlina i luoghi comuni fioriti intorno al Teatro in Carcere in tutti questi anni; ma è anche un’accusa, amara, contro chi diffonde la retorica che svuota, banalizza e plastifica quei valori, le scelte, le ricerche artistiche di coloro che hanno deciso di far teatro dentro il carcere. Lo spettacolo fa parte del progetto annuale “Le patafisiche 2017”, sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna, e conclude una serie di laboratori di teatro e scenografia realizzati nel quadrimestre settembre/dicembre a cura del Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna.
Elemento fondamentale dello spettacolo è il video di scena realizzato da Simone Tacconelli e Manuela Tommarelli all’interno dell’Istituto Penale Minorile di Bologna. Dentro all’ex chiesa-teatro dell’Istituto è stata costruita la struttura di un panopticon, il modello settecentesco di carcere (ma rimasto in piedi fino al Novecento) caratterizzato dal fatto che il detenuto è sempre visibile alla sorveglianza e sa di esserlo, ma non sa quando. La grande scenografia di questo “carcere nel carcere” è stata realizzata dall’architetto Gazmend Llanaj assieme ai ragazzi dell’Istituto Penale Minorile nel corso delle attività di formazione professionale. Le scene, realizzate con il coinvolgimento dei ragazzi in carico ai Servizi di Giustizia Minorile, portano la firma di Irene Ferrari. Le luci sono di Flavio Bertozzi.
Mère Ubu è anche un beffardo elogio dell’arte della dissimulazione, e dunque uno spettacolo “scorretto”, come conferma e afferma la stessa Mère: “Prima sembravo cattiva ma purtroppo non lo ero; ora invece sembro buona ma sono cattiva!”.
E il regista Billi, che firma anche la drammaturgia dello spettacolo, scrive: “Mère Ubu, folgorata dall’arte teatrale nella sua permanenza in carcere, una volta scontata la pena, si dedica al Teatro Galera, quale strumento di redenzione sociale, diventando una impresaria di teatro in cui far esibire monstrum e suscitare nel pubblico pietà e sconcerto. Circondata dalle volontarie Dame della Compagnia di San Scalognata, da giovin e vecchi attori galeotti, Mère Ubu da vita a un Teatrino Patafisico, con numeri di arte varia che si ispirano a Rabelais, Cervantes e Swift. Mère Ubu si lancia in impietose e stridenti riflessioni sul teatro che si fa in carcere, ribollendo insieme Goldoni e Pirandello”.
Il progetto Le Patafisiche e lo spettacolo sono stati resi possibili anche grazie ai contributi del Centro Giustizia Minorile Emilia Romagna, della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Bologna.
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- Data di pubblicazione
- 02/01/2018
- Ultima modifica
- 10/01/2018