“Nessuna pietà per l’arbitro”, basket e Costituzione

L'inedito binomio a Reggio Emilia dal 2 all’11 marzo, a Castello d’Argile il 17 marzo

01 marzo 2018

Basket e Costituzione: sono questi i temi principali della pièce Nessuna pietà per l’arbitro, nuova produzione del Centro Teatrale MaMiMò, vincitrice del “Premio del pubblico al Festival Teatrale di Resistenza/Premio Museo Cervi 2017”. I due temi appaiono distanti, ma nello spettacolo trovano una perfetta coesione, come osservano i registi Marco Maccieri e Angela Ruozzi che lo definiscono “una parabola teatrale contemporanea in cui una tipica famiglia italiana del 2016, un’ipotetica microsocietà, gioca a basket e nel frattempo si interroga sul senso delle leggi e sui valori che regolano le proprie scelte”.

La pièce, scritta dal reggiano Emanuele Aldrovandi, va in scena al Teatro Piccolo Orologio di Reggio Emilia per due fine settimana: dal 2 al 4 e dal 9 all’11 marzo (alle 21.00 nelle serate di venerdì e sabato e alle 19.00 nelle rappresentazioni domenicali). Poi, sabato 17 marzo (alle 21.00) lo ritroveremo al Teatro Comunale La Casa del Popolo di Castello d’Argile.

A dipanare le fila di questo spettacolo che legge la Costituzione italiana con l’inedito grimaldello delle regole del basket, sul palcoscenico troviamo Filippo Bedeschi, Luca Mammoli, Federica Ombrato e Alessandro Vezzani nei ruoli di tre componenti di quella “tipica famiglia italiana” e nelle vesti di arbitro del titolo. C’è un padre/marito, storico, ricercatore universitario (mille euro al mese), che sta preparando un discorso per la celebrazione del 2 giugno, anniversario della Repubblica italiana. C’è una moglie, in dolce attesa (sarà licenziata non appena il suo datore di lavoro se ne accorgerà), che incoraggia il marito a scrivere il discorso convinta che sia un modo per avere successo e far quadrare i bilanci familiari. C’è un figlio, disoccupato, a rischio neet, con seri problemi nel controllo della propria collera, che gioca a basket. E c’è un arbitro, che di mestiere fa colloqui di lavoro e come hobby dirige partite di basket e da una partita rissosa, un fallo non fischiato, esce con un braccio rotto. Attorno alla figura dell’arbitro la triade familiare – che esplicita tre diversi approcci al tema della legge e della dimensione valoriale fissata nei principi fondanti della Costituzione – si allea e si accanisce trasformando le situazioni conflittuali sul campo in conflitti di natura etica ed esistenziale. Così la questione “arbitro” diventa strumento per sviluppare sulla scena, attraverso il dialogo diretto con il pubblico, temi civili quali idealismo/utilitarismo, individualismo/bene comune, legge/libertà.

Le scene sono di Antonio Panzuto, disegno luci di Silvia Clai, i costumi di Rosa Mariotti, la consulenza scientifica di Marco Giampieretti.