Premio Riccione per il Teatro. Ecco i Vincitori

Premio speciale fuori concorso a Marco D’Agostin

16 ottobre 2023

Un gran finale ricco di emozioni quello della cinquantasettesima edizione del Premio Riccione per il Teatro, l’edizione più partecipata di sempre, con ben 656 copioni iscritti. Al culmine di un lungo weekend di appuntamenti riccionesi e dopo un’anteprima romana, il 15 ottobre al Palazzo del Turismo, nell’ambito di una serata-evento che ha anche omaggiato Italo Calvino (da esordiente, a soli 23 anni, vinse l’edizione inaugurale del Premio Riccione) con una performance tra musica e parole di Lorenzo Kruger e Nestor Fabbri, sono stati proclamati i vincitori dell’edizione 2023 del più longevo e ambito concorso italiano di drammaturgia.

A contendersi i premi erano Tolja Djokovic con Lucia camminava sola; Jacopo Giacomoni con È solo un lungo tramonto; Nalini Vidoolah Mootoosamy con Lost & found; Armando Pirozzi con Opus; Fabio Pisano con Il numero esatto (in palio 5.000 euro; tutti i finalisti si contenderanno poi anche un premio di produzione da 15.000 euro). Nella prestigiosa sezione under 30, il 15° Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” (in palio 3.000 euro, premio di produzione 10.000 euro) i finalisti erano invece: Giulia Di Sacco con De-sidera; Riccardo Favaro con Far far west west; Niccolò Fettarappa con Orgasmo; Benedetta Pigoni con 30 milligrammi di Ulipristal; Eliana Rotella con Lexicon.

La prestigiosa giuria, composta da Lucia Calamaro (presidente), Concita De Gregorio, Lino Guanciale, Graziano Graziani, Claudio Longhi e Walter Zambaldi, ha premiato Tolja Djokovic che si aggiudica il 57° Premio Riccione per il Teatro (5000 euro) con il testo Lucia camminava sola. Nata nel 1988, laureata in Filologia e letteratura italiana con una ricerca sulla lettura ad alta voce del testo poetico, Djokovic con il suo Lucia camminava sola ripercorre un fatto storico e l’ultimo anno della vita della protagonista morta giustiziata, XVIII secolo, per l’omicidio del figlio appena nato. La motivazione della giuria recita: “Attraverso la storia incrociata di due donne e di due epoche – quella di Lucia, donna bolognese che nel 1709 viene arrestata e condannata a morte per infanticidio, e quella dell’Autrice, che oggi, nel 2022, decide di realizzare un documentario su questa storia – il testo di Tolja Djokovic porta avanti una riflessione raffinata e non scontata sulla codificazione sociale dei corpi, sulla violenza e l’esposizione che la accompagna, su una ferocia che diventa strumento politico. Attraverso una riflessione a tratti allucinata, su una maternità che mostrifica il corpo e che ci racconta del senso di estraneità che può scaturire dall’esperienza della maternità, non si discosta mai da un linguaggio affilato, essenziale, chirurgico, strumento di una scrittura evocativa perché distante da qualunque lirismo ricattatorio. E la scelta del doppio racconto, che ci porta dentro e fuori dalla storia di Lucia, offrendoci il giusto diaframma per osservarne le implicazioni, non è mai a servizio di una tesi, ma sempre dentro il meccanismo della drammaturgia, sostenuta da una scrittura teatrale matura, consapevole, originale”.​

Il 15° Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” va invece a Benedetta Pigoni con 30 milligrammi di Ulipristal. L’autrice, nata nel 2000 a Reggio Emilia – appassionata di lingua e cultura giapponese, studentessa del corso di Drammaturgia alla “Paolo Grassi” di Milano – ha presentato un lavoro che ricostruisce, per frammenti di chat e applicazioni del suo telefonino, un evento che ci riporta a una violenza subita. Ecco la motivazione della giuria: “Non te l’aspetti, nessuno se lo aspetta. Altrimenti non succederebbe. Pigoni fa della forma sostanza quando con estrema delicatezza usa la pagina assoluta di schermate chat con amiche e conoscenti, per far accertare alla sua protagonista di essere stata vittima di uno stupro di gruppo da parte di amici dell’università. Nella ricerca ansiosa di ricostruzione della verità aleggia costantemente il dubbio, la messa in discussione, l’incredulità, la difficoltà di verbalizzazione, che dà corpo a una scrittura chiaroscurale in grado di indagare nelle pieghe, nelle reticenze e nelle falsificazioni del linguaggio. Potente e sensibile, formalmente severo e originario, il testo di Pigoni non esonda, non dilaga, ma indaga. 30 milligrammi di Ulipristal sussurra un sospetto, lavora sul rimosso, taglia clinicamente il presente in lame sottilissime di “come è possibile?!”. È un testo in grado di muovere profonde corde emotive: chi ascolta o legge affonda, senza il bisogno di iperboli verbali, in un abisso di contrizione: ascolti, capisci, ti dispiace e ti “piglia malissimo”, e alla fine ti ritrovi nel punto basso, al minimo, di una giovane vita, quella della protagonista che attraverso la ricerca annebbiata della verità trova il cammino andino della risalita. E respira”.

La menzione speciale “Franco Quadri” (1.000 euro) assegnato per l’opera che meglio abbina scrittura teatrale e ricerca letteraria è andata quest’anno a  Jacopo Giacomoni con È solo un lungo tramonto. Trentino, classe 1987, Giacomoni è un esperto di videogiochi, laureato in Filosofia con una tesi sull’esistenza dei personaggi fittizi, ha frequentato la scuola milanese “Paolo Grassi” e di recente ha firmato una drammaturgia insieme a Emanuele AldrovandiIl suo scritto costruisce un’architettura testuale in cui i ricordi del padre, vengono registrati e trascritti attraverso il dispositivo della dettatura al computer che li trascrive a sua volta in un meccanismo di loop e distorsioni linguistiche e temporali che seguono il degenarare della malattia che mina la memoria e il linguaggio stesso. La motivazione della giuria: “Attraverso un dispositivo di decostruzione e ricostruzione di un dialogo tra padre a figlio, il testo di Jacopo Giacomoni allestisce – dandogli forma plastica e teatrale attraverso la parola – la slogatura del tempo e del linguaggio che si verifica quando una mente comincia a decadere. La scaturigine del testo è l’Alzheimer, malattia che scava nel simbolico del nostro presente e ci interroga su identità e memoria, ma anche sul carattere effimero dell’esperienza umana insistendo proprio sulla decadenza del logos. È solo un lungo tramonto allestisce dei loop testuali a partire da alcuni ricordi del padre trascritti dal figlio, dettati e “trattati” attraverso un programma di scrittura al computer. Ogni area tematica dei ricordi del padre viene immaginata come una stanza mentale e installativa, da attraversare secondo un tempo non imposto, con un pubblico che vaga liberamente creando un proprio percorso. Coniugando esplorazione filosofica della memoria, elaborazione autobiografica e sperimentazione linguistica, Giacomoni dà corpo a una drammaturgia audace, memore della lezione della neoavanguardia poetica di Balestrini, ma intrisa di filosofia del presente come l’hauntologia di Derrida e la sua riattualizzazione ad opera di Mark Fisher».

Sorpresa e applausi anche per l’assegnazione del Premio speciale per l’innovazione drammaturgica, un riconoscimento fuori concorso dedicato alla carriera di singoli artisti o alle compagnie teatrali attive in Italia che abbiano aperto nuove prospettive al mondo della scena. Dopo aver premiato nelle scorse edizioni Chiara Lagani, il duo Deflorian/Tagliarini e Alessandro Berti, un comitato di critici che comprendeva quest’anno Lorenzo Donati, Roberta Ferraresi, Maddalena Giovannelli, Rossella Menna, Andrea Pocosgnich e Francesca Saturnino, ha assegnato il Premio al performer, autore e coreografo Marco D’Agostin, con la seguente motivazione: “Marco D’Agostin, con il suo ormai ampio e significativo percorso artistico, ha saputo ragionare con rigore sulla dialettica tra drammaturgia e gesto, mostrando una notevole sensibilità per la dimensione testuale. Dal racconto autobiografico (First Love), ad una riflessione sulla forma epistolare (Best Regards), fino al dialogo esplicito con una scrittura squisitamente letteraria (Gli anni), D’Agostin tesse drammaturgie compiute e articolate, affiancando alla ricerca sul corpo la concretezza materica del documento (lettere, oggetti, video, fotografie) e producendo così continui cortocircuiti tra la grammatica del movimento – che si dispiega nel presente ed è mobile – e l’archivio della memoria, che attinge dal passato ed è immutabile, come un libro stampato. L’atto creativo, in D’Agostin, prende sempre le mosse da un intimo confrontarsi con scritture, opere letterarie, autori e autrici, che diventano fondamenta su cui edificare architetture compositive originali, mai subalterne al modello. D’Agostin innova dunque continuamente la forma scenica, decostruendo e scardinando i confini – ancora troppo solidi in Italia – tra teatro e danza, costruendo opere meticce e iper contemporanee nell’ibridazione dei linguaggi: è stato dunque capace di offrire un contributo originale all’innovazione drammaturgica al di là dei confini consolidati fra le discipline, i generi e le pratiche, ponendo così la questione del senso e dell’esistenza stessa di quei limiti, che dovrebbero essere (ma di fatto non sono) storicamente superati”.

Il 57° Premio Riccione per il Teatro è organizzato da Riccione Teatro, in collaborazione con il Comune di Riccione e ATER Fondazione, con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Emilia-Romagna, il patrocinio del Senato della Repubblica e il premio di rappresentanza della Presidenza della Camera dei deputati.