Danza Urbana. Uno sguardo aperto sul mondo

A Bologna, dal 4 al 9 settembre, la 22esima edizione della rassegna

31 agosto 2018

È passato più di un secolo da quando, all’inizio del Novecento, Isadora Duncan danzò tra le rovine greche. Portata fuori dallo spazio deputato del teatro, la danza, non più codice esotico, ma leva democratica per liberare il corpo e favorire nuove forme di incontro, attraversa da decenni lo spazio e il tempo della vita ordinaria nelle sue infinite possibilità, modificandone le dinamiche e la percezione. Nel riappropriarsi dello spazio e del tempo pubblico, manifestandosi sotto la neve, la pioggia o il sole battente, tra le folate di vento, sotto portici e ponti, sul sagrato delle chiese, sulle sponde di laghetti artificiali, nei chiostri, nelle piazze, sui tetti e nei cantieri aperti, nei musei, nelle scuole, nei palazzi, nei cortili della gente comune, nella cucina di una nonna, nei boschi e nelle foreste, tra i fiori in un campo e su una zattera in mezzo al mare, la danza è diventata atto di resistenza nei confronti di un movimento iper-regolato che determina subdolamente la vita quotidiana: come si cammina, con chi, cosa si vede camminando, cosa si indossa in città, con quale passo e a quale ritmo si procede.

Per la sua ventiduesima edizione, a Bologna dal 4 al 9 settembre, il Festival Danza Urbana traccia un cerchio preciso e guarda ancora una volta alle identità culturali, interrogandosi su come la danza possa intervenire nella questione del fare comunità in tempi di globalizzazione, migrazione e meticciato, proponendo una forma di incontro tra i corpi diversa da quella che poggia su un efficientismo capitalistico, una forma più attenta, più meditativa, più aperta, che ricollochi i cittadini al centro dello spazio pubblico.

Nell’anno europeo del patrimonio culturale il festival bolognese, il primo e più longevo nel suo genere in Italia, non si lascia sfuggire l’occasione per rendere ancora più esplicito il proprio concetto di patrimonio, concentrandosi non solo su luoghi di particolare interesse identitario della città, ma provando a guardare anche al patrimonio immateriale, come la ricca e fertile matrice culturale del Mediterraneo. “Il confronto tra le differenti scene del Mediterraneo – spiega il direttore artistico Massimo Carosi – esprime la forza che la danza urbana ha come atto politico. Da questo focus emerge con prepotenza la dimensione politica che la danza d’autore assume negli spazi pubblici; particolarmente evidente là dove è un’arte proibita, o dove l’esposizione pubblica del corpo è soggetta a severe prescrizioni”. L’ iniziativa di Danza Urbana è tra l’altro inclusa nel progetto Italia, Cultura, Mediterraneo del Ministero degli Affari Esteri per lo scambio e la valorizzazione delle diverse identità culturali e sociali.

Si parte il 4 settembre con i due spettacoli vincitori di Danza Urbana XL, “Glitch Project” di Francesco Capuano e Nicola Picardi e “Heiza” di Héctor Plaza e Agnes Sales, in cui i danzatori intesseranno legami con le architetture di Piazza del Nettuno, e si prosegue nell’Atelier dell’Urban Center, con la presentazione del volume “La Rete che danza. Azioni del Network Anticorpi XL per una cultura della danza d’autore in Italia 2015-2017”, con Fabio Acca, Selina Bassini, Alessandro Carboni e Massimo Carosi.

Immancabile la presenza di due coreografe cui il festival dedica particolare attenzione da diversi anni: Cristina Kristal Rizzo, che ancora il 4 settembre presenta la prima tappa di “Ultras Sleeping Dances”, coreografia che si comporrà poi in orari diversi, su più giorni in luoghi non teatrali, a Palazzo Pepoli Campogrande, all’Accademia di Belle Arti, in Pinacoteca e all’Orto Botanico, e Francesca Pennini che col suo Collettivo Cinetico, il 7 e 8 settembre al Chiostro del Convento di San Martino, presenta lo spettacolo corale “How to destroy your dance”, un meccanismo scenico teso a distruggere ogni artificio formale della danza.

Per MasDanza Platform il 6 settembre al Parco del Cavaticcio va in scena “Agua” di Chey Jurado che attraverso la break dance incarna i diversi stati dell’acqua, mentre nel cortile del Cinema Lumière Stella Spyrou con “Ómnira” rievoca la morte del ribelle cipriota Afxentiou, per riflettere, attraverso la danza, su cosa significhi lavorare per un mondo migliore.

Per il Focus Young Mediterranean and Middle-East Choreographers, che grazie a una rete di 14 festival, circuiti, teatri, promuove e sostiene il lavoro di giovani coreografi arabi, il 5 settembre, tra la Pinacoteca e Piazza Scaravilli, vanno in scena due assoli, “Prelude to Persian Mysteries” e “Displacement/Solo”, rispettivamente dell’iraniano Sina Saberi e del siriano Mithkal Alzghair, i quali con forme diverse, il primo con una danza sinuosa, il secondo alternando incedere militare e danza tradizionale, esplorano la propria identità culturale; di sera l’appuntamento è invece alla Scuderia per la proiezione del video-documentario “Dancing around the world” di Nejla Yatkin.

Il 7 settembre alla Cappella Farnese, il coreografo marocchino Radouan Mriziga presenterà “55”, sua storica creazione, mentre in Piazza San Francesco il coreografo tunisimo Seifeddine Manai, autore che testimonia della possibilità, dopo la primavera araba, di riuscire a far nascere una compagnia radicata tanto in Tunisia quanto in Francia, debutta in prima nazionale con “Shine my blind way”.

Il 6 settembre al MAMbo gli artisti del focus incontrano il pubblico, in una conversazione coordinata da Linda Chiaramonte e Catherine Cornet anticipata dalla proiezione di “Les amoreux des banc public. La rue qui résiste avec l’art”, di Gaia Vianello e Juan Martin Baigorria, sul ruolo degli artisti nel cambiare il volto e le strade della Tunisia dopo le contestazioni del 2010, e “So-city of spectacle” di Maryam Bagheri Nesami e Mitra Ziaee Kia, che partendo dalle teoria di Guy Debord riprende due corpi femminili che si esibiscono nei luoghi pubblici di Teheran. E proprio da un laboratorio interculturale per donne migranti è nato “Yes, I’m a witch” di Francesca Penzo e Said Ait Elmoumen in scena l’8 settembre a Piazza di Porta Ravegnana.

Il 9 settembre il festival si sposta a Monterenzio per la tappa conclusiva con il progetto Monte Bibele, dove alle visite guidate all’area archeologica si unisce la danza con 44° nord e 11° est, creazione site-specific del Gruppo Phren, nell’ambito di DiversiViaggiando del Distretto culturale Savena-Idice.

La ventiduesima edizione di Danza Urbana, sostenuta dal Dipartimento cultura e promozione della città del Comune di Bologna, è realizzata grazie al contributo di Mibac-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Comune di Monterenzio, Unione dei Comuni Savena – Idice e fa parte del cartellone di Bologna Estate.