- Data di pubblicazione
- 13/02/2023
- Ultima modifica
- 13/02/2023
Il teatro è poesia che si fa insieme. Le Rane secondo Cacciola
Il 13 febbraio al Teatro Testori di Forlì
Accanto a un cast di attori e attrici under 35 ci sarà un coro di cittadini e cittadine, tutte e tutti impegnati in una messinscena contemporanea di una delle più grandi commedie antiche, Le Rane. Nella visione di Marco Cacciola, d’altronde, portare in scena il capolavoro di Aristofane significa innanzitutto recuperare la dimensione comunitaria del fare teatro, tentare di ricucire il legame originario tra scena e società che caratterizzava la Grecia antica. Sul palcoscenico del Teatro Testori di Forlì il 13 febbraio alle 20.30 ci saranno allora persone comuni assieme a Giorgia Favoti, Matteo Ippolito, Lucia Limonta, Claudia Marsicano, Francesco Rina. Tutti impegnati nel celeberrimo viaggio agli Inferi alla ricerca, con Dioniso, della poesia perduta.
Le Rane racconta infatti del rocambolesco viaggio all’Ade del dio e del suo servo Xantia. Scopo della traversata è di riportare in vita Euripide, perché possa salvare Atene dal degrado culturale. In realtà, dopo varie peripezie, a tornare in vita sarà Eschilo, vincitore di una gara con Euripide di cui Dionisio si fa giudice. Tra i due tragediografi l’autore dell’Orestea è quello che offre al dio la risposta più convincente su come salvare la città dal declino. Nell’allestimento diretto da Cacciola, prodotto da Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatri di Bari e Solares Fondazione delle Arti, una delle opere più celebri di Aristofane rivive dunque, nella traduzione di Maddalena Giovannelli e Martina Treu, in uno spettacolo inedito, eterogeneo e condiviso che accompagna il pubblico in un divertente e visionario viaggio negli inferi. Nell’intreccio tra commedia e tragedia, i temi principali (l’importanza della cultura e del suo valore sociale-politico, il pacifismo ante litteram, la responsabilità individuale e collettiva, l’interrogarsi sul futuro) vengono trattati alternando l’identificazione più emotiva e la farsa più divertente, mentre il coro dei cittadini invade la scena spezzando il procedere della trama e provando a sospendere quell’idea di storia come linea retta, progressione continua che non permette di immaginare altro che un futuro come ripetizione corrotta di un eterno presente.
“La struttura stessa dell’opera originale – spiega il regista – mi ha suggerito la modalità di lavoro: una drammaturgia on the road divisa in due parti molto diverse tra loro, così come potrebbero apparire diversi i due protagonisti. Viceversa la loro continua relazione di scambio, mascheramento e svelamento, oltre che sintomatica del trasformismo politico denunciato da Aristofane, ci mostra come in fondo entrambi non siano che due aspetti della nostra umanità, in bilico tra afflato divino e greve animalità. Due facce di quello ‘specchio ustorio’ che è la commedia, un elastico teso tra alto e basso, tra poetico e popolare. Un ponte al di sopra di un abisso”.