"Il giocatore". Le ossessioni di Dostoevskij rilette da Trevisan
A Vignola il 7, a Cattolica il 20 febbraio e a Modena dal 15 al 18 marzo
Scritto da Fëdor Dostoevskij per pagare i debiti di gioco, Il giocatore arriva nei teatri della regione riletto e adattato per la scena da Vitaliano Trevisan, uno dei più affermati scrittori e drammaturghi italiani, vincitore quest’anno del Premio Riccione per il Teatro. L’allestimento firmato da Gabriele Russo, in costante bilico tra dramma e commedia, sarà in scena al Teatro Ermanno Fabbri di Vignola mercoledì 7 febbraio (alle 21.00), al Teatro della Regina di Cattolica martedì 20 febbraio (alle 21.15) e al Teatro Storchi di Modena dal 15 al 18 marzo (alle 21.00 il 15 e il 16, alle 20.00 il 17 e alle 15.30 il 18 marzo).
Ambientata in una fittizia città termale tedesca dal nome inequivocabile, Roulettenburg, la piecè è interpretata da Daniele Russo nel ruolo di Aleksej, protagonista del romanzo e alter ego di Dostoevskij, assieme a Marcello Romolo, Camilla Semino Favro, Paola Sambo, Alfredo Angelici, Martina Galletta, Alessio Piazza e Sebastiano Gavasso. L’ossessione per il gioco d’azzardo, che domina e inghiotte ogni altra cosa, trascina i protagonisti in una spirale di compulsione in cui il desiderio finisce per soggiogarli. Dostoevskij, anch’egli accanito giocatore, scrisse il capolavoro della letteratura russa in un arco di tempo brevissimo, meno di un mese (siamo nel 1866, quando Dostoevskij aveva 45 anni). Per accelerarne la stesura, l’autore dettò il testo alla giovane stenografa che sarebbe diventata sua moglie e lo avrebbe aiutato a liberarsi dalla schiavitù della roulette (in una suggestiva trasformazione del Caso che governa la pallina della roulette e soggioga il giocatore nel Caso di un incontro salvifico, che lo libera da quell’invisibile giogo).
Nelle note di regia, Gabriele Russo scrive: “Erano diversi anni che avevo voglia di affrontare in teatro il tema del gioco d’azzardo e, dopo aver letto molti testi contemporanei sull’argomento, più andavo avanti nelle ricerche più mi convincevo che nulla era più adatto de “Il giocatore” di Dostoevskij. Per un motivo molto semplice: qui il gioco non è solo l’oggetto centrale dell’opera, ma è presente, in forma di metafora o di allusione, ovunque. È nelle relazioni ossessive tra i personaggi, nei continui “rilanci” a cui le circostanze li costringono, nelle vane speranze a cui sono aggrappati e che li fanno stare sospesi; come si è sospesi quando si è in attesa che la pallina cada sul rosso o sul nero. Così, inevitabilmente, si arriva alle analogie con l’oggi, con il ruolo che al gioco d’azzardo è stato assicurato dalla nostra società. Ecco perché quando vedremo la baboulinka o il giocatore perdere tutti i loro soldi al casinò, forse per un attimo ci dimenticheremo che si tratta dei personaggi di Dostoevskij e vedremo, più genericamente, una vecchina sola in preda al vizio del gioco o un giovane compulsivo perso in un video poker”.
“Il giocatore” è la terza tappa della “Trilogia della libertà”, produzione della Fondazione Teatro di Napoli e del Teatro Bellini/Teatro Stabile di Catania dedicata al concetto di libertà e di perdita della stessa. Dopo il libero arbitrio, sviscerato nel contesto di una società distopica dominata dalla violenza (in “Arancia Meccanica” diretta da Gabriele Russo) e dopo la libertà individuale scandagliata all’interno di un opprimente ospedale psichiatrico (in “Qualcuno volò sul nido del cuculo” diretta da Alessandro Gassmann), è la volta della libertà perduta a causa dell’ossessione per il gioco d’azzardo.
Le scene sono di Roberto Crea, i movimenti scenici di Eugenio Dura, i costumi di Chiara Aversano e il disegno luci di Salvatore Palladino.
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- Data di pubblicazione
- 05/02/2018
- Ultima modifica
- 05/02/2018