“Irrisolto e problematico. Quindi? Perfetto!”. Si parla d'amore con Luisa Borini

Molto Dolore per Nulla il 4 dicembre all'ITC di San Lazzaro

03 dicembre 2024

“Irrisolto e problematico. Quindi? Perfetto!”. Si parla d’amore, naturalmente, e a farlo è Luisa Borini, attrice e autrice di base a Bologna che col suo monologo Molto dolore per nulla ha vinto l’edizione 2024 di In-Box dal Vivo. Merito di uno spettacolo che utilizzando la chiave di un linguaggio decisamente attuale come quello della stand-up, partito dall’area anglosassone e oggi estremamente diffuso anche tra i giovani artisti di casa nostra, prova a fare i conti con il tema della dipendenza affettiva, che solo di recente è stata riconosciuta come “new addiction” e che nel 2013 è stata inserita nel Dsm-5, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

Sono ben 23 le repliche che Borini si è aggiudicata con In Box e la prossima tappa in regione è all’ITC Teatro di San Lazzaro il 4 dicembre alle ore 21.00.

Molto dolore per nulla è in qualche modo la cronaca della fatica che si fa per crescere, per smarcarsi dai modelli di riferimento e per imparare a rispettarsi, il racconto di un dolore attraversato, da perdonarsi e persino da ringraziare perché, dice Borini, “è anche merito suo se si può guardare con un sorriso tenero e divertito a ciò che siamo stati e che siamo, e tutto questo non è nulla”. Nel tono carico di humor tipico della stand-up comedy, l’attrice racconta la storia di una donna che “sono io, ma anche no, ma poi in fondo cosa cambia? Una lista di liste ossessive, come ossessivo è il nodo al cuore (e allo stomaco) di tutta la storia: il bisogno di amore e il terrore di restare soli. È la storia di una ragazza che in nome dell’amore, immaginato e desiderato, è sempre stata disposta e pronta a tragicomici e impavidi slanci, a folli voli che presagivano poco di buono ma da tentare comunque ad ali spiegate e il sorriso sulle labbra. Fino ad uno in particolare. Un volo, in tutti i sensi, che ha segnato un punto di svolta e una rinascita. Mi sembrava giusto raccontare questa storia senza particolari elementi scenici, se non un filo molto lungo e un microfono. Il microfono è per me una maschera che racconta e vende la parte migliore di noi, dell’altro e della relazione, a noi, all’altro e per difendere la parola insieme. Le maschere però possono scivolare per sbaglio, sfuggire per disattenzione o addirittura cadere per scelta, anche perché dopo un po’ pesano, in primis su chi le indossa. E può succedere di restare nudi, a voce libera, lì dove non si voleva o poteva vedere, dove non si sapeva, dove forse si intuiva, dove si ha che fare con la parte più oscura. Lì dove si è da soli. E proprio quello di cui si aveva così terrore diventa una realtà. E ancora una volta si può scegliere se e cosa guardare”.