Abissi della coscienza. Tiezzi dirige la Fedra di Racine

Dal 27 al 30 marzo all'Arena del Sole di Bologna

27 marzo 2025

Dal 27 al 30 marzo va in scena all’Arena del Sole di Bologna uno degli spettacoli più attesi delle stagioni di ERT Teatro Nazionale. È la Fedra di Jean Racine messa in scena da Federico Tiezzi. Un maestro della regia italiana e un capolavoro della drammaturgia francese del Seciento si uniscono per uno spettacolo, prodotto da ERT con con ATP Teatri di Pistoia e la Compagnia Lombardi-Tiezzi, che riporta Tiezzi nel solco del mito greco. Dopo aver affrontato negli anni le tragedie di Sofocle (Antigone) ed Euripide (Ifigenia in Aulide e Medea), con Fedra – testo scritto da Racine nel 1677 a partire da partire da Ippolito di Euripide e Fedra di Seneca – il regista, attore e drammaturgo torna nell’universo tragico, scegliendo la traduzione di Giovanni Raboni, a 20 anni dalla morte del poeta.

Il dramma – interpretato da  Martino D’AmicoValentina EliaRiccardo Livermore, Catherine Bertoni de LaetBruna Rossi e Massimo Verdastro –  racconta la vicenda di un’eroina, Fedra appunto, che in una Grecia tutta mentale di cui restano solo rovine, si strugge di passione per il figliastro Ippolito, figlio di primo letto del marito Teseo. Non ricambiata, Fedra calunnia Ippolito di un tentativo di stupro. Il ritorno di Teseo sarà il segnale di un inesorabile tracollo, che farà precipitare gli eventi verso la tragedia. Il ritorno al tragico di Tiezzi, quindi, non è più all’insegna della mitologia greca ma si colloca sotto una luce molto diversa, per dare spazio assoluto a un’indagine dei personaggi che spinge fino alle estreme conseguenze desideri e colpe. Come in una seduta psicanalitica di cui lo spettatore è testimone privilegiato. Fedra ha infatti tutti i caratteri del dramma borghese, quasi un Ibsen ante-litteram, e pur imbevuto di cristianesimo giansenista e filosofia morale, è diventato nei secoli, dichiara Tiezzi, “la più grande opera sulla passione erotica che il teatro abbia mai prodotto”. “In una dimensione claustrofobica – prosegue – dove la ragione scompare sotto la violenza e la tensione del desiderio, i mostri che affiorano di continuo nelle parole dei protagonisti sono quelli dell’inconscio, ancestrali, interpretabili solo con l’ausilio della psicanalisi freudiana. E sotto la sublime, levigata musicalità del verso si rintracciano le figure e le azioni di una tribalità arcaica, dall’incesto all’uccisione del padre”.

Il regista firma anche la scenografia con Franco Raggi e Gregorio Zurla, mentre i costumi sono di Giovanna Buzzi, le luci di Gianni Pollini, la cura del canto di Francesca Della Monica e i movimenti coreografici di Cristiana Morganti. Nel suo insieme il cast creativo dà vita a una sorta di “tragedia dell’inconscio” di una famiglia in cui ognuno ha qualcosa da nascondere, e nella quale si manifestano pulsioni la cui coscienza, secondo il cristianesimo giansenista dell’autore, porta inesorabilmente alla colpa e alla punizione.

La replica di domenica 30 marzo alle ore 16.00 sarà audiodescritta per gli spettatori non vedenti e ipovedenti, grazie alla collaborazione con Centro Diego Fabbri di Forlì, nell’ambito del Progetto Teatro No Limits.