Boston Marriage di Mamet. Non-detto e paradossi per smascherare le convenzioni sull'amore

Il 19 a Vignola e dal 20 al 23 allo Storchi di Modena

17 aprile 2023

Si dice Boston Marriage, si traduce “convivenza tra due donne”. O meglio, si traduceva, perché l’espressione era in uso nel New England a cavallo tra il XIX e il XX secolo. A utilizzarla per primo, per riferirsi a un’amicizia romantica tra due donne nubili economicamente indipendenti da un uomo e attraversate da pensieri proto-femministi, è stato Henry James nel suo romanzo The Bostonians, ispirato peraltro alla storia di sua sorella Alice James, che aveva vissuto proprio una relazione del genere. Da questa espressione il drammaturgo statunitense David Mamet ha tratto titolo e ispirazione per una delle sue opere teatrali più celebri, Boston Marriage appunto, rappresentata per la prima volta all’American Repertory Theatre di Cambridge nel 1999.

Il 19 aprile alle 20,30, al Teatro Fabbri di Vignola e dal 20 al 23 aprile (giovedì e venerdì ore 20.30; sabato ore 19.00 e domenica ore 16.00) allo Storchi di Modena, se ne vedrà una nuovissima produzione, tradotta da Masolino D’Amico (già traduttore per l’Italia del teatro di Tennessee Williams e Arthur Miller) con la regia di Giorgio Sangati e in scena, assieme a Mariangela Granello e Ludovica D’Auria, la straordinaria Maria Paiato.

La scena è apparentemente molto convenzionale: Stati Uniti, fine Ottocento, un salotto, due dame e una cameriera. Sembrerebbe di trovarsi di fronte a un incontro tra amiche ma in realtà si scoprirà che le due donne sono state un tempo una coppia affiatata. Dopo la separazione, Anna, la padrona di casa, ha trovato un uomo ricco che la mantiene e vorrebbe ora approfittare della protezione di lui per riprendere con sé Claire, appena arrivata in visita. Ma Claire è tornata per ben altri motivi e la riconquista si rivelerà molto più complicata del previsto, con colpi di scena rocamboleschi che coinvolgeranno anche la giovane cameriera, in un crescendo ritmico esilarante, quasi da farsa.

Mamet, Premio Pulitzer e sceneggiatore di Hollywood più volte in corsa per l’Oscar, gioca molto col linguaggio, strizza l’occhio agli esperimenti di Tennessee Williams, ma soprattutto a Wilde. Protagonista assoluto è il non-detto, l’allusione, la stravaganza, il paradosso, attraverso i quali l’autore mirava a creare un raffinatissimo scandalo. E infatti al debutto dell’opera nel 1999 il pubblico americano ne è rimasto divertito e stupito. Ma il testo è tutt’altro che datato. Cosa c’è di più attuale, ancora oggi, che smascherare con leggerezza e intelligenza le convenzioni sull’amore?