Dal lutto alla metamorfosi. “Tutto brucia” di Motus

Il 3 e 4 febbraio all’Arena del Sole di Bologna

02 febbraio 2023

Quali vite contano? Tra migrazioni, diaspore e la guerra in Ucraina che va avanti da ormai un anno, la domanda è più attuale che mai. Questo nostro mondo in fiamme, in cui perfino la morte, per essere ritenuta degna d’interesse, richiede passaporti e visti, è al centro dell’ultimo spettacolo di Motus intitolato appunto Tutto brucia, in scena all’Arena del Sole di Bologna il 3 e 4 febbraio.

Dopo aver riletto l’Antigone, Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande (in collaborazione con la performer e attivista Ilenia Caleo per la scrittura dei testi) sono tornati al tragico con una trilogia dedicata a Le troiane di Euripide, opera ambientata in un momento post – ovvero dopo una guerra, dopo la distruzione di un mondo. Ma in questa riscrittura, com’è nella pratica usuale di Motus, ci sono echi di J.-P. Sartre, Judith Butler, Ernesto De Martino, Edoardo Viveiros de Castro, NoViolet Bulawayo e Donna Haraway. Sono tutti autori e autrici che ragionano sul presente, sulle evoluzioni storiche e antropologiche, su punti di vista altri rispetto a quelli eurocentrici e antropocentrici. La vicenda delle Troiane, fatte schiave dai greci dopo la caduta della loro città, si incista così nell’attualità, portando con sé la forza morale, la dignità che nel testo euripideo caratterizza le figure femminili. Tutto brucia guarda infatti alle Troiane intercettando le voci delle nuove schiave di oggi e scava nel tema del lutto come trasformazione.

“Porto il lutto per i figli morti in guerra/ Per le donne fatte schiave/ Per la libertà perduta/ Oh amate creature, tornate, venite, venite a prenderci!” sussurra l’attrice totem di Motus, Silvia Calderoni/Ecuba intrecciando questo lamento alle musiche e lyrics di R.Y.F. (Francesca Morello), mentre la performer Premio Ubu 2022 Stefania Tansini squarcia l’aria con un pesante coltello e un falcetto contadino, come nei riti collettivi di cordoglio scomparsi del sud Europa. Il corpo rotto di Ecuba, la parola profetica di Cassandra, che vede oltre la fine, il grido spettrale di Polissena, l’invocazione ai morti di Andromaca, le violenze subite da Elena e infine il corpo più fragile e inerme, quello del bambino, Astianatte, danno voce ai soggetti più esposti e vulnerabili.

“Ripartiamo dunque dalle figure della tragedia – dicono Daniela Nicolò e Enrico Casagrande – o meglio dalla dimensione scenica delle Troiane, che è essenzialmente un momento post: dopo la fine di una guerra, dopo la distruzione di un mondo, dopo un disastro umano e ambientale che tanto evoca situazioni tristemente attuali. Mai come adesso il lutto ci appare come una questione politica. Quali vite contano? Cosa rende una vita degna di lutto? È attraverso il dolore che le protagoniste nella scena tragica si trasformano materialmente – divengono altro da sé: cagna, pietra o acqua che scorre, elaborando la violenza subita. Una metamorfosi che apre verso altre possibili forme. E scrive il mondo che verrà. Perché la fine del mondo non è che la fine di un mondo”.

Oltre all’episodio centrale, che si vedrà all’Arena del Sole, sempre a Bologna si potranno vedere gli altri due lavori della trilogia sulle Troiane, ospitati invece ad Ateliersi: Of the nightingale I envy the fate (andata in scena il 1° febbraio), una performance con Stefania Tansini, attorno alla figura della profetessa Cassandra, e You were nothing but wind, un focus sulla figura di Ecuba con Silvia Calderoni (5 febbraio).