“La vita che ti diedi”. Pirandello secondo Braunschweig

Dal 9 al 12 maggio all’Arena del Sole di Bologna

06 maggio 2024

Per Stéphane Braunschweig Pirandello è una fonte inesauribile d’ispirazione. Con la scrittura del grande drammaturgo siciliano, il regista e direttore artistico dell’Odéon di Parigi ha infatti un rapporto particolare, di felice ossessione. Dopo i successi internazionali di Sei personaggi in cerca d’autore, I giganti della montagna, Vestire gli ignudi e Come tu mi vuoi, stavolta tocca a La vita che ti diedi, co-produzione ERT in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna dal 9 al 12 maggio, dopo il recente debutto a Torino. Per mettere in scena la più struggente tragedia del repertorio pirandelliano (tra le poche opere che l’autore abbia lui stesso definito “tragedia”), il regista ha raccolto attorno a sé un cast di attori attrici italiani straordinario, capitanato da due fuoriclasse della scena contemporanea, ovvero Daria Deflorian e Federica Fracassi. Assieme a Cecilia Bertozzi, Fulvio Pepe, Enrica Origo, Caterina Tieghi, Fabrizio Costella, le due attrici danno vita a quel testo che Pirandello concepì per la grande Eleonora Duse, ma che la Duse non arrivò mai a recitare.

Come suggerisce in qualche modo il titolo, il testo – tra i più brevi dell’autore – ha a che fare con la maternità (con una vita data appunto), ma più precisamente è la storia di un amore materno che fa i conti con il lutto e che è capace di nutrirsi anche solo del ricordo. Scritto nel 1923, è anticipato da tre novelle scritte tra il 1914 e il 1916. La prima s’intitola I pensionati della memoria, in cui Pirandello si interroga sul rapporto tra i vivi e i morti, e formula quell’idea per la quale quando si piange la perdita di una persona cara, non è la persona amata che si sta piangendo, ma qualcosa di sé: “Voi piangete perché il morto, lui, non può più dare a voi una realtà”. La seconda è invece Colloqui coi personaggi, scritto subito dopo la morte della madre, e Pirandello vi esplora la stessa idea in un dialogo con la defunta: “Ora che tu sei morta, io non dico che non sei più viva per me; tu sei viva, viva com’eri, con la stessa realtà che per tanti anni t’ho data da lontano, pensandoti, senza vedere il tuo corpo, e viva sempre sarai finché io sarò vivo; ma vedi? è questo, è questo, che io, ora, non sono più vivo, e non sarò vivo per te mai più!”. Ne La camera in attesa invece la madre e le sorelle di un soldato scomparso, non avendo la prova certa della sua morte, continuano a preparargli la camera in attesa del suo ritorno. La vita che ti diedi riprende proprio alcuni degli elementi principali di questa novella, portandola stavolta alle estreme conseguenze.

“Come può una madre sopravvivere alla morte del figlio? si chiede Pirandello. Semplicemente affermando che non è morto – spiega Braunschweig – , più esattamente, fingendo che sia ancora vivo. Perché Donn’Anna Luna, a differenza della madre de La camera in attesa, ha assistito all’agonia del proprio figlio, e quindi non può prendere a pretesto l’incertezza della sua morte. Osservandola non si può dire che la donna stia negando i fatti: decide del tutto consapevolmente di continuare la sua vita come se il figlio non fosse morto. Si affretta a far rimuovere il corpo, senza nemmeno prendersi il tempo di vestirlo, finisce di scrivere in sua vece una lettera all’innamorata, a cui nasconde la sua morte quando quest’ultima decide di andare a trovarlo. Donn’Anna Luna trasforma la sua casa in un teatro dove il protagonista è assente, assente ma fin troppo vivo. Nell’opera di Pirandello, la realtà della vita appare spesso come uno scandalo insuperabile, che il teatro o la follia hanno lo scopo di trasfigurare. Nel mondo immaginario del gioco teatrale o in quello parallelo della follia si può evadere, elevarsi, far vivere i morti e sfuggire alla logica paradossalmente mortifera della vita”. “In Pirandello – dice ancora il regista – teatro e follia sono legati. Spesso i grandi personaggi pirandelliani sembrano pazzi a chi li circonda, ma, contrariamente ai veri pazzi, la loro è una pazzia voluta, la pazzia di chi vuole essere come i pazzi, e, al pari loro, rifiuta i limiti di una realtà ridotta alla sola verità dei fatti. Donn’Anna sembra pazza, eppure c’è da chiedersi se non sia lei ad avere ragione – ragione contro la ragione. Pirandello fa vacillare le nostre certezze, i nostri preconcetti: malgrado sappia che la realtà finirà per mettere fine all’illusione, ci fa capire quanto abbiamo bisogno di illusioni – ma di illusioni coscienti e non delle menzogne che ci raccontiamo – per restare in piedi. Quanto abbiamo bisogno di teatro per affrontare la vita. Da questo punto di vista, La vita che ti diedi uguaglia i grandi capolavori di Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, Come tu mi vuoi e I Giganti della montagna, ma nella forma compatta di una favola che va all’essenziale, avvolgendosi nell’aura di una poesia miracolosa”.

Le scene dello spettacolo sono dello stesso Braunschweig in collaborazione con Lisetta Buccellato, i costumi di Lisetta Buccellato, le luci di Marion Hewlett, il suono di Filippo Conti.