Maria Paiato, Madonna dei bassifondi

Il 26 ottobre al Teatro di Calcara e il 27 all’ITC Teatro di San Lazzaro

24 ottobre 2018

La figura epica della madre sofferente per il figlio è stata, nei secoli, fonte d’ispirazione per migliaia di drammaturghi, compositori, pittori e scultori. Da quello Stabat Mater del XIII secolo, meditazione sul dolore di Maria durante la passione di Cristo, tradizionalmente attribuita a Jacopone da Todi, non si contano le composizioni e i testi che ne hanno trasmesso, conservato, tradito, riadattatato e attualizzato il mito. Ne ha dato una sua personale e fortunata versione un maestro della drammaturgia contemporanea, Antonio Tarantino, che proprio con il suo Stabat Mater, in cui aveva traferito la figura di Maria sulle rive del triste presente, facendone una ragazza-madre prostituta, vinse, nel 1993, il Premio Riccione. A interpretare il ruolo che fu, al suo debutto assoluto, di Piera degli Esposti, oggi è Maria Paiato, un’attrice di primo piano, tra le più ricercate dai grandi registi italiani, già protagonista di alcuni storiche rappresentazioni di Luca Ronconi, tra cui Celestina e Santa Giovanna dei Macelli.

La sua Madonna dei bassifondi, commovente portavoce di un’umanità relegata ai margini, aprirà la nuova stagione dell’ITC Teatro di San Lazzaro, il 27 ottobre alle 21. Prima dello spettacolo, alle 19.30, per il ciclo Aperitivo con il critico, Agnese Doria conduce un incontro di approfondimento sul Teatrobus dell’Itc. Dopo lo spettacolo, invece, la compagnia incontrerà il pubblico.

Stabat Mater sarà in scena la sera precedente, 26 ottobre, al Teatro di Calcara e l’11 novembre al Teatro De Andrè  di Casalgrande (Re).

A dirigere l’‘Oratorio per voce sola’ della Paiato, il regista Giuseppe Marini, che ridisegna un’opera che ha segnato l’immaginario collettivo. Un testo che, come sempre accade con il teatro di Tarantino, necessita di attori fuoriclasse per tradurre in corpo e voce una scrittura impervia, fluviale, priva di punteggiature e ricca di sfumature. Si ride molto, infatti, mentre si piange, nel seguire le peripezie di questa madonna bestemmiatrice di periferia, che si strugge d’attesa di notizie del figlio arrestato per terrorismo e del padre dissoluto, sposato con un’altra. Ex-prostituta, neanche troppo ex, la protagonista è infatti logorroica regina di una marginalità suburbana in cui niente gira mai per il verso giusto e nessuna speranza si realizza, dove si parla un italiano mischiato a sporcature dialettali, lingua di reietti e diseredati, perfetto esempio di quell’impasto di sublime e grottesco, sporcizia e santità, vergogna e pudore che caratterizza alcuni personaggi di Tarantino. Figure nate, ha spiegato il drammaturgo in una conversazione con Tiziano Fratus “per un sentimento di compassione, di amore, di pietà per la condizione dell’uomo, una sorta di solidarietà attraverso la quale vorrei salvare parte della mia vita, parte delle mie esperienze, e salvare la vita di questi personaggi, non consegnarli all’oscurità, all’oblio”. Sul degrado e la miseria, sulla perdita di qualunque cosa, delle proprie speranze, e finanche della propria dignità di donna, regna, resiste e vince, infatti, la figura della Madre, l’altissima dignità del suo insanabile dolore di genitrice.