- Data di pubblicazione
- 20/11/2018
- Ultima modifica
- 20/11/2018
Nabucco, Rigoletto e Otello: i verdiani 'graffi del potere'
La Trilogia d’Autunno di Ravenna Festival. Dal 23 novembre al 2 dicembre
Per il settimo anno consecutivo Ravenna Festival si estende oltre i tradizionali confini estivi offrendo una Trilogia d’Autunno omaggio a compositori simbolo, a titoli indimenticabili, alla sensibilità musicale e drammaturgica di un’epoca. Quest’anno l’attesa trilogia, che chiude la 29° edizione della rassegna, rinnova il tributo a Verdi e lo fa con due nuovi allestimenti, Nabucco e Rigoletto, e con il ritorno dell’Otello (applaudito per la prima volta nel 2013). Il trittico dei capolavori verdiani sarà in scena dal 23 novembre al 2 dicembre, in un’appassionante maratona lirica che indaga il genio di Giuseppe Verdi trasformando il Teatro Alighieri in una vera e propria “fabbrica dell’opera” e dando corpo e voce a tre momenti chiave del percorso artistico e umano del compositore bussetano.
Progetto unico nel suo genere, la Trilogia non si limita a mettere in scena i tre titoli: è anche una vera e propria full-immersion nel teatro musicale, resa possibile dal rapido succedersi delle rappresentazioni sul palcoscenico e dal fitto dialogo di ogni opera con le altre, tutte e tre attraversate dallo stesso tema, “il graffio del potere” e le sue conseguenze. È il potere infatti che nel primo titolo innesca la guerra tra babilonesi ed ebrei; è il potere che inebria il duca del secondo titolo, facendogli calpestare morale e sentimenti; ed è ancora la sete di potere che nel terzo titolo guida Jago nell’ordire i suoi inganni.
“Più affondi le mani nel teatro verdiano e più ti accorgi della grandezza o, meglio, della compiutezza della sua scrittura”, afferma Cristina Mazzavillani Muti, alla regia per la Trilogia d’Autunno. “Nabucco, Rigoletto, Otello: non è un percorso di ‘crescita’ o di ‘miglioramento’ – sottolinea la regista – ma un ampio arco in cui il genio ci prende per mano conducendoci attraverso le trasformazioni a cui, con inesausto coraggio, ha saputo dar forma. Rimanendo comunque sempre se stesso, straordinario conoscitore dell’animo umano, del sarcasmo, dell’ironia, della crudeltà, della sofferenza, della tirannide…”.
Accanto alla Muti, a rendere possibile questa straordinaria rappresentazione dell’universo verdiano, tre direttori d’orchestra che si alternano alla guida dell’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini: Alessandro Benigni per Nabucco; Hossein Pishkar (il giovane iraniano allievo della III edizione dell’Italian Opera Academy di Riccardo Muti) per Rigoletto, Nicola Paszkowski per Otello. Il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” è preparato da Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina, mentre Elisabetta Agostini guida il Coro Voci Bianche Ludus Vocalis.
Gli innovativi allestimenti, le scenografie che trasformano il palcoscenico dell’Alighieri in una sorta di laboratorio sperimentale che si avvale delle più moderne tecnologie, sono frutto di suggestive invenzioni del consolidato team creativo composto da Vincent Longuemare (light designer), Paolo Micicché (visual designer), Davide Broccoli (visual designer e video programmer), Alessandro Baldessari (sound designer), Alessandro Lai (costumista). Si rinnova inoltre il ruolo dell’Alighieri come trampolino e palestra per giovani interpreti e cantanti al debutto nel ruolo: è il caso, ad esempio, del Nabucco trentenne Serban Vasile, o di gran parte del cast di Otello, a partire da Elisa Balbo, Mikheil Sheshaberidze e Luca Micheletti nei panni di Desdemona, Otello e Jago.
La parabola creativa di Verdi apre con Nabucco (23, 27 e 30 novembre) e comincia dunque nell’antica Mesopotamia, dove anche la nostra civiltà affonda le sue radici, in una rappresentazione “biblico-archeologica” che attinge al patrimonio figurativo delle civiltà mesopotamiche da un lato e alla voce del profeta Geremia dall’altro. E’ proprio a partire dalla Bibbia, letta con passione e in un momento particolarissimo e drammatico (la perdita della moglie e dei figli) che Verdi delinea i personaggi dell’opera, illuminandoli e definendoli attraverso il coro. Con Rigoletto (24 e 28 novembre e 1 dicembre) varchiamo invece la soglia della corte ducale mantovana, dove immagini che evocano i fasti della Mantova di Andrea Mantegna, Giulio Romano e Paolo Veronese, si contrappongono al nudo paesaggio di buio e luce in cui si consuma il dramma, attualissimo, di Gilda. Qui la funzione del coro è piuttosto quella di commentare l’azione dei personaggi, quasi invitando lo spettatore ad affacciarsi sulle vicende. Gli stessi splendori della corte si riflettono in un ambiguo gioco di specchi che raddoppiano, urtano, accecano, fino a precipitare il pubblico stesso nei quadri scenici, “album illustrati in cui calare il sangue e la carne viva del dramma”. Infine, in Otello (25 e 29 novembre e 2 dicembre) il coro si limita a dipingere le situazioni, lasciando spazio assoluto all’individualità del personaggio, ovvero dell’uomo che “nelle sue infinite sfaccettature può essere tutto e il contrario di tutto: come accade nella vita, e nel teatro più puro”. Il contrasto che unisce e separa Otello e Desdemona si traduce in un alternarsi di luci e ombre.
La riflessione sul fil rouge che lega i tre titoli, ovvero sull’incombente presenza del potere nel teatro di Giuseppe Verdi, continua nell’incontro con il musicologo e voce di Radio Tre, Guido Barbieri, anche quest’anno al timone di un ciclo di conversazioni – dal titolo “La musica e il potere” – che accompagna e incrocia le rotte della Stagione. Sabato 24 novembre (alle 10.30 presso la Sala Corelli del Teatro) il primo appuntamento, “Ragion di stato e ragione d’amore”, per approfondire come ognuna delle ventisette opere del catalogo verdiano ruoti intorno al conflitto tra un individuo e un potere collettivo (sacro, civile, politico o “di genere”), conflitto qui decodificato in forma di un brutale impedimento alla realizzazione individuale. L’incontro è a ingresso libero.
La Trilogia è resa possibile dal sostegno del Comune di Ravenna, della Camera di Commercio, della Regione Emilia-Romagna e del Ministero per i beni e le attività culturali, con il determinante contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna.