- Data di pubblicazione
- 02/01/2020
- Ultima modifica
- 02/01/2020
Amore e potere. Turandot a Parma
Al Teatro Regio il 10, 11, 12, 17, 18 e 19 gennaio
Pechino, al tempo delle favole. Per vendicare l’uccisione di una sua antenata per mano di un principe straniero, una principessa bella e algida manda a morte tutti i suoi pretendenti sottoponendoli a indovinelli che puntualmente non riescono a risolvere. Fino all’arrivo di Calaf, principe dei Tartari, che risolve gli indovinelli e scioglie finalmente il cuore della sua amata. L’arcinota trama è quella di Turandot, capolavoro di Giacomo Puccini, che morì nel 1924 senza riuscire a terminarlo. Morto lui sarà infatti Franco Alfano, su incarico dell’editore Ricordi, a terminare l’opera sulla base degli appunti lasciati dal compositore. Sono ormai leggendarie le parole di Arturo Toscanini, che il 26 aprile 1926 la sera della prima esecuzione assoluta alla Scala disse: “Qui finisce l’opera lasciata incompiuta da Puccini per la sua morte”.
Il 10 gennaio, dopo tredici anni, l’opera (un dramma lirico in tre atti e cinque quadri su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, tratto dalla omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi) torna sul palco del Teatro Regio di Parma, per inaugurarne la Stagione Lirica 2020, con repliche l’ 11, 12, 17, 18, 19 gennaio, e la presenza straordinaria, il 12 gennaio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in città per le giornate inaugurali di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020. L’allestimento è coprodotto dalla Fondazione Teatro Comunale di Modena e Fondazione I Teatri di Piacenza ed è diretto da Giuseppe Frigeni, che ne firma regia, coreografia, scene e luci, con i costumi di Amélie Haas. Valerio Galli, sul podio della Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti, del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani e del Coro di voci bianche Ars Canto Giuseppe Verdi preparato da Eugenio Maria De Giacomi, dirige il cast con protagonisti Rebeka Lokar nei panni di Turandot, Carlo Ventre in quelli di Calaf, Vittoria Yeo che interpreta la fedele serva Liù e Giacomo Prestia come l’anziano re Timur.
Al centro della lattura di Frigeni non l’amore in sé, ma il rapporto tra amore e potere. “Turandot non è una storia d’amore – scrive infatti il regista – ma lo scacco di un’illusione amorosa nel ribaltamento dei giochi di potere, delle leggi di un potere arcaico, attraversato dal cinismo maschilista, l’ambizione e l’arroganza di Calaf. Turandot non è la carnefice leggendaria, ma una donna ferita nel proprio orgoglio, vittima di una violenza maschile atavica (nel ricordo della sua antenata violentata), che si difende dagli attacchi maschili utilizzando le loro proprie leggi contro di loro. Quando alla fine ella si concederà, ammaliata da Calaf, sarà sconfitta dalla sua ambizione di potere”. Un ruolo centrale è assegnato perciò a Liù, fedele serva del re tartaro, la quale a differenza della principessa è capace di un vero atto d’amore, innocente, umile, discreto, e infine sacrificale.
Se ne parlerà anche il 4 gennaio alle ore 17.00 al Ridotto del Teatro Regio di Parma, con ingresso libero, nell’incontro Prima che si alzi il sipario. Lo storico della musica Giuseppe Martini metterà in luce gli aspetti principali di Turandot, con l’esecuzione dal vivo di alcuni brani interpretati dagli allievi del Conservatorio di Musica Arrigo Boito di Parma: i soprani Chiara Guerra, Nuri Park, Tsuchiya Yuko e il tenore Park Jaebeom, accompagnati al pianoforte da Claudia Gori.