- Data di pubblicazione
- 28/10/2018
- Ultima modifica
- 05/11/2018
La stagione dei Teatri dello ‘stabile corsaro’
Da ottobre a maggio trenta spettacoli tra Alighieri, Rasi e altri luoghi di Ravenna
“Uno stabile corsaro e in movimento, sempre in ascolto di una realtà mutevole e complessa”: è la storica vocazione di Ravenna Teatro che, trasformata nella pratica di uno sconfinamento costante dai palcoscenici alle scuole alle piazze, ha valso al Centro di Produzione un riconoscimento dal Ministero dei Beni e Attività Culturali con un punteggio qualitativo tra i più alti a livello nazionale. Un riconoscimento al lavoro di produzione del Teatro delle Albe e della Drammatico Vegetale, sicuramente, “ma anche alla città di Ravenna e al suo pubblico teatrale, capace di superare l’usuale separazione tra prosa e contemporaneo”, precisano la direttrice Marcella Nonni e con lei il neo co-direttore Alessandro Argani, attore cresciuto nel vivaio Albe dove ha diretto, tra l’altro, progetti imponenti come la non-scuola e la chiamata pubblica per la realizzazione, nella scorsa stagione, dell’Inferno delle Albe. Alla curiosità di quel pubblico è dedicata naturalmente la prossima stagione, che propone un cartellone all’insegna dell’unione tra tradizione e sperimentazione, grandi regie e nuova drammaturgia, protagonisti indiscussi della scena e proposte contemporanee. Gli spettacoli in tutto sono una trentina, tra i sedici titoli in abbonamento, gli undici oltre l’abbonamento e altri eventi collaterali, e ciascuno spettatore potrà scegliere direttamente molti di questi, per costruire il proprio percorso tra le varie proposte. Al Teatro Alighieri protagonisti indiscussi sono la grande prosa e i suoi campioni più noti e amati, da un maestro della narrazione come Marco Paolini, che con il suo nuovo Tecno-Filò affronta la spinosa questione delle contraddizioni poste dalla tecnologia, all’istrionico Giuseppe Battiston che in Churchill, presentato in prima nazionale, affronta, con ironia sorniona, un ritratto del famoso statista, mentre un altro interprete amatissimo come Alessio Boni sarà l’intramontabile Don Chisciotte. Immancabile un tuffo nei grandi classici della drammaturgia, con Il piacere dell’onestà, proposto da un pirandelliano doc come Geppy Gleijeses, diretto per l’occasione dalla regista cinematografica Liliana Cavani, e con Questi fantasmi! sguardo senza sconti di Eduardo sulla Napoli del dopoguerra, in bilico tra il dolore e l’anima gioiosa di sempre, messo in scena dalla compagnia Luca De Filippo, che prosegue il suo lavoro anche dopo la scomparsa del regista e attore. Dall’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini è tratto invece Ragazzi di vita, pluripremiato lavoro diretto da Massimo Popolizio, in scena con Lino Guanciale e con un ensemble di giovani attori. Non mancano le incursioni del nuovo, con l’Aminta di Torquato Tasso diretta da Antonio Latella e Shakespeare/Sonetti di Valter Malosti e Michela Lucenti, ma soprattutto con forme inedite come l’avanspettacolo partenopeo postmoderno di Enrico Ianniello, Tony Laudadio, Andrea Renzi e Luciano Saltarelli, interpreti di New Magic People Show, dal romanzo di Giuseppe Montesano. Tra nuova drammaturgia, sperimentazione mai paga dei maestri e affondi nella poesia, il palcoscenico del Teatro Rasi ospita buona parte del coté più contemporaneo e avanguardistico della stagione; dalle giovani compagnie che si fanno carico delle ferite sociali attraverso la scena, come Kepler-452 che ne Il giardino dei ciliegi, partendo da Cechov, riflette sulla piaga degli sgomberi, alla nuova drammaturgia inglese di Caryl Churchill di cui Giorgina Pi, regista di Angelo Mai/Blumotion, porta in scena Settimo Cielo, storia di una famiglia catapultata nell’Africa coloniale di fine Ottocento, e nella Londra degli anni Settanta, in un’atmosfera queer e punk sin cui si parla di sesso e potere, di violenza e ironia. Giocano in casa le Albe, con il debutto ravennate di Fedeli d’Amore – Polittico in sette quadri per Dante Alighieri, di Marco Martinelli e Ermanna Montanari, realizzato in occasione della Trilogia d’autunno del Ravenna Festival: un testo “attorno” a Dante Alighieri e al nostro presente. Lo stesso presente e la stessa quotidianità, osservati però da un punto di vista sotterraneo, ispirano la lettura drammatica Il regno profondo. Perché sei qui? di Claudia Castellucci e Chiara Guidi della Societas. A L’amica geniale di Elena Ferrante è ispirato invece Storia di una amicizia – Le due bambole. Il nuovo cognome. La bambina perduta di Fanny & Alexander, che vede protagoniste Chiara Lagani e Fiorenza Menni, per la regia di Luigi De Angelis. Ispirazioni letterarie anche per gli Anagoor, che portano in scena Magnificat di Alda Merini. Con I Shakespeare – I Banquo. I Caliban, a partire dall’opera di Tim Crouch, Accademia degli Artefatti interroga invece la convenzione teatrale, mettendola in crisi e verificandone la possibilità di parlare al presente. E ancora tanta ricerca anche tra i ‘fuori abbonamento’ dove spiccano il Macbetto de Teatro delle Albe con Masque Teatro e Menoventi, diretto da Roberto Magnani; Saluti da Brescello, ancora delle Albe insieme a Gianni Parmiani, e il lavori di Lady Godiva Teatro di Eugenio Sideri, ErosAntEros, Ateliersi, Capotrave, Koreja, Astorri e Tintinelli, Gemma Carbone e gli Instabili Vaganti. Una novità assoluta sono invece le Storie di Ravenna, una serie di ‘Racconti, visioni, cronache dalla fondazione a oggi’ sulla città, che vedrà protagonisti ogni mese al Rasi Luigi Dadina, Giovanni Gardini e Alessandro Luparini. La stagione dei teatri è sostenuta da: Comune di Ravenna-Assessorato alla Cultura, MIBACT Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Regione Emilia-Romagna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, BCC Credito Cooperativo ravennate forlivese e imolese, Assicoop Romagna Futura Agente Generale UnipolSai Assicurazioni, Unipol Banca, Coop Alleanza 3.0, Esp Ravenna, Reclam.