- Data di pubblicazione
- 26/11/2018
- Ultima modifica
- 28/11/2018
Due secoli in Afghanistan, con il Teatro dell’Elfo
A Bologna dal 28 novembre al 2 dicembre, a Modena dal 4 al 16 dicembre
Soldati semplici e diplomatici crudeli, spie, emiri, re e regine, nobili senza scrupoli e mujaheddin, reduci di guerra e fragili vittime di un conflitto dalle radici lontane che sembra senza fine. C’è un mondo intero nell’affresco dell’Afghanistan consegnato dalle voci di tredici tra i più interessanti autori della scena angloamericana, a cui il Tricycle Theatre di Londra ha commissionato un testo a più voci per raccontare il rapporto complesso e fallimentare che l’Occidente ha avuto con questo paese ancora oggi al centro dello scacchiere mondiale, per via della sua posizione geografica strategica. In Italia, ad affrontare l’ardua impresa di portarlo in scena è stato il Teatro dell’Elfo di Milano in una coproduzione con Ert-Emilia Romagna Teatro Fondazione che andrà in scena al Teatro Arena del Sole dal 28 novembre al 2 dicembre.
A partire dall’originale londinese tradotto da Lucio De Capitani, Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani hanno scelto dieci testi dell’opera, dividendo il lavoro in due spettacoli indipendenti e complementari. Il primo, Afghanistan: Il grande gioco, già presentato a Bologna l’anno scorso, racconta cinque episodi storici del periodo 1842-1996; il nuovo, Afghanistan: Enduring freedom, racconta gli anni 1996-2010, e si può vedere come lavoro a sé, o in un’unica maratona insieme alla prima parte, sabato 1 e domenica 2 dicembre. E poi a Modena, al Teatro delle Passioni, dal 4 al 16 dicembre 2018.
Sulla scena, vestita solo delle proiezioni video di Francesco Frongia che aprono porte e disvelano mondi, rivelando intrighi e sentimenti intimi di vive in quelle terre aspre, sfilano grandi e piccoli protagonisti della storia inglese, afghana, pakistana e russa, persone e fatti, pezzi di storia individuale e collettiva. Con il nutrito cast di attori, composto da Claudia Coli, Michele Costabile, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Fabrizio Matteini, Michele Radice, Emilia Scarpati Fanetti, Massimo Somaglino, Hossein Taheri, Giulia Viana, si viaggia attraverso due secoli, muovendosi, a cavallo di immagini e voci, dall’oriente sognato e romanzesco dei primi resoconti di viaggi ed esplorazioni, al melodramma noir del cinema americano.
Per provare a capire se il teatro può ancora farsi carico della storia coinvolgendoci emotivamente, se può prendersi la responsabilità di uno sguardo sul presente che sappia leggere dietro la narrazione maggioritaria e occidentale, che sollevi il velo dell’ovvio, o della menzogna, per avvicinare il pubblico al cuore di fatti in cui siamo sprofondati senza rendercene conto. Per provare a riflettere su come ciò che accade in Asia Centrale abbia radici lontane, ma che ci toccano molto da vicino. Afghanistan, spiegano infatti Bruni e De Capitani, è “un polittico, un grande gioco, per sapere, per capire, per poter leggere la disperazione e la speranza negli occhi di chi è partito dalla valle del Panjshir per sedersi al nostro fianco in metropolitana”.
Si comincia dalle trombe che squillano alle porte di Jalalabad nel 1842, durante le battute finali della prima guerra anglo-afghana, per arrivare all’incontro tra Abdhur Raham e Sir Henry M. Durand del 1893, quando i due leader discutono la proposta inglese di tracciare un confine tra l’Afghanistan e l’India Britannica. E poi la fuga notturna di Amannullah Khan, della regina Soraya e Mahamud Tarzi, consigliere del re, in cui esplodono le contraddizioni e gli ideali infranti dei due uomini politici che avevano tentato di riformare il loro paese, e gli anni della Guerra Fredda, le contraddizioni di un progetto di modernizzazione del paese che precede la caduta nelle mani dei Talebani. Gli interventi dell’Onu, il difficile dialogo tra due sistemi di valori lontanissimi, la guerra ai talebani con l’aiuto degli americani, la complessa vicenda degli interventi umanitari delle ONG, la vita dei soldati inglesi in Afghanistan e il senso di sradicamento al ritorno in patria e poi il capitolo conclusivo, in cui il conflitto sembra trovare una sua possibile composizione solo in un sogno al di là della morte.
Di tutto questo, e di altre vicende di questa terra tra le montagne dell’Asia, si parlerà anche il 29 novembre alle 18, sempre all’Arena del Sole, in una conversazione con i protagonisti dello spettacolo condotta da Enrico Bollini.