Beckett nostro contemporaneo. Aspettando Godot secondo Terzopoulos

Il 27 gennaio al Teatro Comunale di Russi e il 29 gennaio al Teatro Galli di Rimini

25 gennaio 2023

In un articolo divenuto celebre, il critico Vivian Mercier ha scritto che Samuel Beckett “ha realizzato il teoricamente impossibile, un’opera in cui non succede nulla, ma che tiene incollati gli spettatori ai loro posti. In più, considerando che il secondo atto è una ripresa leggermente differente del primo, ha scritto un’opera in cui non succede nulla, due volte”. L’opera a cui si riferisce è ovviamente Aspettando Godot, uno dei capisaldi della drammaturgia del Novecento, il testo più noto del drammaturgo che è riuscito meglio di chiunque altro a raccontare il sentimento di spaesamento esistenziale e di nonsense che ha pervaso le coscienze di uomini e donne che hanno vissuto il secondo conflitto mondiale. Un’impossibilità di trovare un senso compiuto che si traduce in opere brevi e folgoranti, scritte spesso in una lingua non sua (il francese) proprio per evitare la metaforicità della lingua madre e arrivare al cuore dei significati.  La vana attesa di un senso perduto è appunto al centro di Aspettando Godot, opera scritta tra l’ottobre 1948 e il gennaio 1949, pubblicata nel 1952 e rappresentata infine nel 1953 al Theatre de Babylone a Parigi. Dal noto testo trae adesso uno spettacolo Theodoros Terzopoulos, regista greco riconosciuto a livello internazionale fra i maestri del teatro del Novecento, in tournée in regione: prossime tappe: il 27 gennaio al Teatro Comunale di Russi e il 29 gennaio al Teatro Galli di Rimini.

Il regista dirige per l’occasione un cast d’eccezione composto da Paolo Musio, Stefano Randisi, Enzo Vetrano, Giulio Germano Cervi e Rocco Ancarola e crea un dialogo vivo tra la contemporaneità e il dramma beckettiano. Nella sua versione, la vicenda è infatti ambientata in un mondo in rovina, in un futuro molto prossimo in cui tutte le ferite attuali e passate appaiono acuite, per interrogarsi su quali siano le condizioni minime per pensare a una vita che valga la pena di essere vissuta. “In Aspettando Godot – commenta il regista – vengono date due risposte possibili, e da qui vogliamo far partire il nostro lavoro. La prima è il tentativo di comunicare e coesistere con l’Altro, colui che ci è prossimo, nonostante gli ostacoli, anche quando questi sembrano insuperabili. La seconda è il tentativo di mettersi in comunicazione con l’Altro dentro di noi, quest’area buia e imperscrutabile densa di desideri repressi e paure, istinti dimenticati, regione dell’animalesco e del divino, in cui dimorano la pazzia e il sogno, il delirio e l’incubo. Questo è il viaggio che cercheremo di fare: verso l’Altro dentro di noi e verso l’Altro al di fuori di noi, all’opposto, lontano da noi. Questo è il viaggio che proviamo a fare ogni giorno. Aspettando cosa? La redenzione della vita dai vincoli della morte? L’incontro con l’Umano, la fine di ogni atto di umiliazione inflitto da uomo a un altro uomo? Il Niente o l’Attesa, per usare i termini ironici e beffardi di Beckett? Ma esiste forse un altro modo per immaginare l’umanità emancipata, senza dover ricorrere all’abbattimento dei muri che separano questo ‘dentro’ da questo ‘fuori’?”.