Bugie bianche. La trilogia di Berti in una personale a Bologna

Blind Love dal 27 aprile all’8 maggio all’Arena del Sole

04 aprile 2022

Vincitore del prestigioso Premio speciale per l’innovazione drammaturgica alla 56° edizione del Premio Riccione per il Teatro, Alessandro Berti è uno delle voci più interessanti della scena contemporanea. Autore e attore appartato e radicale è capace di andare a fondo nelle istanze più cocenti del presente senza mai scadere nell’ovvio, dispiegando sulla scena conoscenza, intelligenza e capacità affabulatoria.  Dal 29 marzo all’8 maggio ERT/Teatro Nazionale dedica all’artista reggiano una personale che offre al pubblico l’opportunità di ripercorrere la sua ultima trilogia, Bugie Bianche, una serie di spettacoli che vanno a fondo sui fantasmi della razza.

Attingendo a uno straordinario patrimonio di libri, studi, immagini e suoni, nel progetto Berti affronta le questioni più attuali del rapporto tra maggioranza bianca e minoranza nera nelle società occidentali, a partire dallo sguardo bianco sul corpo nero su cui si concentra il primo lavoro della trilogia, Black Dick (di cui avevamo parlato nel 2018 in questa intervista in podcast per RadioEmiliaRomagna in occasione dell’anteprima). Nel primo capitolo, andato in scena al Teatro delle Moline dal 29 marzo al 3 aprile, l’attore solo in scena ripercorre infatti la storia di questo sguardo in un monologo che oscilla tra conferenza e stand up comedy, portando le sue domande in territori inediti, come in quello della pornografia contemporanea, dove il pregiudizio secondo il quale il maschio nero sarebbe un animale “tutto sesso” è lampante. Andando a ritroso nella storia, in particolare in quella degli Stati Uniti, dalle piantagioni alla Harlem degli anni ’30, dalle Black Panters, fino ai rapper di oggi, Berti osserva e ci fa osservare con Malcom X, Baldwin, bell hooks e altri autori e autrici afroamericani, quanto le bugie dei bianchi sul corpo dei neri, lo stereotipo della loro mascolinità sessualizzata, aggressiva, si sia radicato non solo nei bianchi appunto, ma anche tra i neri più “cool”, come sportivi e rappers, che come racconta hooks, ricalcano un modello patriarcale tipicamente bianco.

Nel secondo capitolo della trilogia, Negri senza memoria, in scena sempre al Teatro delle Moline, dal 5 al 10 aprile, Berti prosegue la sua indagine, sempre solo in scena, concentrandosi stavolta sul rapporto tra due minoranze: afroamericani e italoamericani. In un arco narrativo carico di canzoni, cantate per lo più a cappella dall’attore, lo sguardo è ancora una volta lungo, proiettato all’indietro verso i primi flussi migratori dall’Italia agli States, per osservare come la posizione degli italoamericani sia cambiata nel tempo: prima linciati, maltrattati, considerati “negri” alla stregua degli afroamericani, poi progressivamente arruolati nelle fila dei bianchi, portati al di qua della “Linea del colore”. Tante le storie raccontate da Berti, dalle alleanze tra contadini siciliani e figli di schiavi in Louisiana, ai linciaggi di lavoratori italiani, alla solidarietà alla causa dei neri da parte del movimento anarchico italiano negli USA, fino alla scelta talvolta opportunista da parte degli italoamericani (e dell’Italia di oggi), di dimenticare di essersi trovati al di là di quella famosa linea che separa gli esseri umani tra chi ha certi diritti e chi no.

Il terzo capitolo della trilogia va invece in scena invece all’ Arena del Sole dal 27 aprile all’8 maggio, in prima nazionale (dal 10 al 22 maggio anche al Teatro Tempio di Modena). Allontanandosi dalla ricerca storica, e scegliendo invece la forma di un dialogo tra due figure del presente, in Blind Love Berti racconta un confronto serrato tra un uomo bianco, interpretato da lui, e una donna nera, interpretata da Rosanna Sparapano. I due sono una coppia mista, una coppia del futuro, entrambi sono colti, cool, progressisti. In una stanza da letto una domenica mattina si immergono in un confronto su temi complessi: “perché la donna nera per un bianco è sempre solo la schiava o l’amazzone, cioè il massimo di passività o il massimo di aggressività?” Ma il testo, anticipano le note di regia “non si ferma all’indagine delle trappole psicologiche di una relazione interracial oggi, qui. I due personaggi, cittadini del futuro, con la loro cultura e la loro capacità di ragionare, si spingono oltre e presto si trovano a discutere di questioni più ampie: che atteggiamento si deve avere riguardo alle lotte identitarie di una società diventata tribale? Che ruolo ha la religione nella formazione della nostra psiche? Il ricordo della sofferenza, personale e collettiva, è un monito necessario o un fardello di cui liberarsi? Come ci cambia tutto il tempo che passiamo davanti a uno schermo? E in particolare: come la pornografia influisce sulle dinamiche del desiderio? E l’immaginario razziale, razzializzato, come interviene nello sguardo sulle persone che amiamo? Riusciamo ancora a sperare? L’amore è cieco o la cecità verso gli altri ci impedisce di amare davvero?”.

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Intervista a Alessandro Berti