Le Vacanze. Intervista ad Alessandro Berti

All’Arena del Sole di Bologna dal 21 marzo al 2 aprile

20 marzo 2023

Attore, regista e drammaturgo, Alessandro Berti è uno degli artisti più attenti alle grandi mutazioni del presente, che indaga da punti di vista sempre originali e senza mai ripercorrere le tracce mediatiche delle narrazioni. La sua capacità di coniugare “teatro ed ethos” gli è valso tra gli altri riconoscimenti il prestigioso Premio speciale per l’innovazione drammaturgica alla 56° edizione del Premio Riccione per il Teatro. E proprio nel discorso di accettazione del premio l’artista reggiano ha introdotto alcuni nodi di una riflessione sul collasso climatico, questione che ha posto al centro di un nuovo testo, Le Vacanze, pubblicato nella collana I Gabbiani – letteratura per giovani lettori di Edizioni Primavera, curata da Federica Iacobelli. Dopo l’ultima trilogia, Bugie Bianche, che andava a fondo sui fantasmi della razza, affrontando le questioni più attuali del rapporto tra maggioranza bianca e minoranza nera nelle società occidentali, in questo nuovo lavoro Berti (qui in veste solo di drammaturgo e regista) porta a teatro crisi climatica e adolescenza attraverso un dialogo ambientato in un futuro molto prossimo, in cui due adolescenti, Tom e Lao (Francesco Bianchini e Sebastiano Bronzato), a mollo nel fango argilloso, cercano refrigerio in una giornata torrida e ricordano la loro infanzia. Lo spettacolo, prodotto da ERT/Fondazione, sarà in scena all’Arena del Sole di Bologna dal 21 marzo al 2 aprile. Abbiamo incontrato Berti durante le prove, ecco cosa ci ha detto.

 

La crisi climatica è  stata rappresentata perlopiù dal cinema fantasy/catastrofista. Raccontare il collasso climatico senza scivolare nella fantascienza è una sfida  complessa per un artista. Lei come ha aggirato questa impasse?

Fino a poco tempo fa era così, ora meno. Ora siamo nell’Antropocene manifesto, ci siamo già, dentro il collasso, quindi anche altre forme affrontano la questione. Io ho cominciato a scrivere LE VACANZE durante il primo lockdown, quindi avendo sottomano uno scenario perfetto, per così dire. Ma non mi sembra sia cambiato molto da allora, anzi direi che qualcosa è cambiato in peggio. Il mondo del 2023 è peggio di quello del 2019. Quindi credo che ormai i tempi siano così interessanti da potere essere trattati da linguaggi diversi, ma con la stessa urgenza di trovare una chiave. La mia chiave intreccia l’adolescenza dei due personaggi con la senescenza del mondo in cui vivono. Purtroppo, anche questo intreccio non è fantascientifico, ma proprio l’ambiente dove le persone giovani oggi crescono: un mondo vecchio, guidato ancora da idee vecchie…


Di fronte a una questione che implica migliaia di dati, risvolti scientifici, documenti e immagini di catastrofi naturali, summit internazionali, cosa può aggiungere il teatro, con due soli corpi in scena peraltro quasi nudi, rispetto ad altri linguaggi?

Il mio teatro è un pensiero a cranio aperto, è uno spaccato di pensieri e sentimenti, è un oggetto da guardare al microscopio. Dobbiamo parlare, parlarci. Dobbiamo fino alla fine essere insieme. Sappiamo tutto, possiamo sapere tutto ma fatichiamo a far irradiare dentro di noi quello che ci succede. A me interessano le esperienze, i resoconti di un’esperienza. Invece oggi le esperienze sono molto limitate, le opinioni invece infinite.
Il teatro è un’esperienza, per chi lo fa e chi lo guarda.
In teatro si è insieme, si osserva qualcosa di piccolo e preciso, ci si prende il tempo per capire, per parlare, ci sono le pause, i silenzi, gli sguardi. Allora l’iperoggetto Antropocene diventa qualcosa di leggibile, forse, qualcosa che si incarna, qualcosa che si irradia, fa luce. Mentre la luce di uno schermo, lo spegne.


C’è più pessimismo o ottimismo nella sua visione di questo futuro “non troppo lontano”?

La situazione non è bella, diciamo. E’ impossibile essere ottimisti. Ma le cose cambiano anche a seconda dei contesti: con gli ottimisti c’è da essere pessimisti e viceversa. In generale, nessun governo ha interesse a dire la verità su questi temi, quindi in effetti nessuno la dice. E molte persone comuni preferiscono rimuovere la cosa, per vincere l’ansia. Comunque, i miei due protagonisti fino alla fine restano umani, e questo è molto importante.


I suoi lavori sono noti per l’ampio numero di fonti cui attinge in fase di documentazione. Può darci qualche suggerimento di lettura?

I libri di Matteo Meschiari, di Barry Lopez, La Malinconia del Mammut di Massimo Sandal, La mano sinistra del buio della Le Guin, la Dark Ecology di Timothy Morton, il bel libro di Ghosh: La grande cecità, sempre attuale, e poi Colibrì, Salamandra di Vandermeer, La casa futura del dio vivente di Louise Erdrich…